Page 82 - L'INVENZIONE DEL BUIO
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Io   - Mi hai fatto pensare a una cosa: nel corpo umano
           il sangue scorre in eguale misura dall’alto in basso e
           dal basso in alto, eppure tendiamo a considerare e a
           valorizzare in modo univoco il movimento di elevazione.
              Noi umani abbiamo la testa leggera!
              Dovremmo invece rappresentarci il corpo umano come
           una specie di clessidra: quel che sta giù sta su e quel che
           sta su sta giù.
        Lui - Giusto. E perché il liscio dovrebbe essere meglio del
           ruvido?
        Io   - Sì, perché?
        Lui - E perché l’arco gotico dovrebbe essere un simbolo di
           perfezione, mentre gli smottamenti, che scavano gelide
           gallerie nel sottosuolo, dovrebbero essere i segni del
           declino?
        Io - A proposito, non vedo la capretta? Speriamo che non si
           sia infilata in qualche buco.
        Lui - Non ti preoccupare, ora la cerchiamo. Anche l’affresco
           di cui parlavi prima: d’accordo, si è deteriorato.
           Immagino che le figure siano ormai irriconoscibili,
           divorate dall’intonaco marcio. Al tatto però tutte queste
           screpolature infette interrompono l’omogeneità della
           superficie. E unendosi all’odore rancido offrono al mio
           apparato sensoriale un altro tipo di affresco. Straordinario
           a modo suo. Una passeggiata lunare. Quello che per la
           vista è solo degrado di un corredo di forme originarie,
           per un altro concatenamento sensoriale può rappresentare
           l’irruzione di una possibilità nuova, attraverso cui la
           materia si rende disponibile alla nostra esperienza.
        Io   - Avevi ragione. Ora la vedo.
              Sta passeggiando tranquillamente nei sotterranei.
        Lui - Che ti avevo detto? Non preoccuparti. Anche da noi,
           a causa del predominio della vista e di tutto il regime


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