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- Le mandibole mobili e non fisse, tipiche dei felini e dei carnivori.

               Le assurde teorie dell’onnivorismo umano ricevono un colpo di grazia dalla lunghezza
               del tubo intestinale (10-12 volte il tronco, e non 3 volte il tronco come negli onnivori).
               Un intestino adatto  ai semi ed alle erbe, dove la trasgressione carnea  porta a
               putrefazioni e a produzione di ptomaine e leucomaine tossiche.
               Il fegato umano riesce a deaminare gli aminoacidi fino all’urea, ma non ce la fa a
               neutralizzare l’ammoniaca prodotta dalla digestione delle carni, e si ingrossa,
               sviluppando epatiti A-B-C-D-E, dove sguazzano batteri utili ed innocenti, richiamati a
               consumare i residui velenosi.
               Ultimo,  ma non certo per importanza, il sangue    alcalino  al punto  ph     7.35-7.40,
               ciliegina sulla torta dimostrativa della fruttarianeità dell’uomo. Carnivori e onnivori
               hanno sangue acido a vari livelli di pH dei propri liquidi, il terreno, la matrice sotto il
               punto critico del pH 7,35.

               Relazione fra carne rossa e batteri intestinali
               Non è sempre colpa del colesterolo e dei grassi. Gli effetti sulle arterie di un abuso di
               grigliate a base di carne rossa potrebbero dipendere in realtà dalla composizione di
               batteri che popolano Lo ha scoperto uno studio della Cleveland Clinic in Ohio che per
               la prima volta identifica un inedito cortocircuito tra un consumo  prolungato di
               bistecche e filetti e la predilezione che i batteri hanno per un aminoacido "chiave" che
               compone la carne, la L-carnitina. La L-carnitina è  un  mattone fondamentale per
               muscoli sani, presente anche in integratori e bibite energetiche.
               Su Nature Medicine i ricercatori americani guidati da Stanley Hazen hanno studiato il
               fenomeno sui topi, scoprendo che dopo averli nutriti per 15 settimane consecutive con
               integratori che simulavano una dieta "carnivora", nell'intestino dei roditori i batteri
               intestinali cominciavano  a convertire  la L-carnitina in  N-ossido di trimetilamina
               (Tmao), un composto che si trova nel sangue e che pare correlato con un futuro
               rischio di malattie cardiache. I topi avevano così un rischio doppio di arteriosclerosi,
               l'indurimento delle arterie che anticipa infarti e ictus.
               Ricerche precedenti hanno dimostrato che una dieta con frequente consumo di carne
               rossa è associata a un aumento del rischio cardiovascolare, ma che il colesterolo e i
               grassi saturi della carne rossa non sembrano da soli una spiegazione sufficiente per i
               maggiori rischi cardiovascolari. Così ricercatori americani hanno valutato le cartelle
               cliniche di circa 2.500 pazienti distinti tra onnivori, vegani e vegetariani alla ricerca
               dei livelli di carnitina e Tmao.
               Risultato: i soggetti che hanno contemporaneamente un livello più alto di entrambi
               corrono un rischio maggiore per il cuore, ma a sorpresa i vegetariani ed i vegani,
               anche assumendo carnitina non subiscono  un innalzamento del composto anti-arterie.
               Tutto dipenderebbe dalla composizione della flora batterica. "I batteri che vivono nel
               nostro apparato digerente sono modificati dalle nostre abitudini alimentari a lungo
               termine  -  spiega Hazen  -  e una dieta a base  di  carnitina di  lungo  periodo  sposta
               effettivamente la composizione microbica intestinale
               Per coloro che amano le carni alla griglia, considerate che le alterazioni chimiche
               degli amminoacidi  dovute a temperature superiori a  100  gradi possono provocare
               alterazioni chimiche degli amminoacidi, fino alla loro distruzione. Gli amminoacidi



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