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tutti i lavori loro confacenti. Il bracciantato femminile trovava lavoro, non
            continuo, nella raccolta delle ulive, nella zappettatura del grano in gennaio-
































            Il ricamo come momento ricreativo


            febbraio, nell’estirpazione delle cattive erbe nei campi di grano in aprile-
            maggio, nella raccolta del fieno, nella mietitura.

            Molte donne lavoravano in casa come sarte, ricamatrici, tessitrici, con propri
            telai, di stoffe per lenzuoli. Le vere casalinghe, mogli di artigiani o di emigrati
            o di impiegati, erano le uniche che si occupavano delle sole faccende
            domestiche; ma ve ne erano molte che riuscivano ad allevare un maiale
            che tenevano chiuso in uno dei 150 porcili, circa, raggruppati in sei punti
            fuori dell’abitato al  termine delle vie di uscita (collocati nell’odierna Via
            Vittorio Emanuele).

            Parlare di vere industrie in Roggiano non si può. Non sono mai esistite nel
            passato, ad esclusione della vecchia filanda del periodo borbonico, chiusa
            in seguito alla abolizione dei dazi con l’Unità d’Italia e per l’invasione dei
            filati del Nord. Vi si lavoravano i bozzoli del baco da seta prodotti in paese

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