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costituiva un’impresa a conduzione familiare. Un’altra fabbrica di acque
gassate era gestita da Riccardo Muto, un barese che da tempo teneva in
paese un ben fornito negozio di alimentari e generi diversi. Andò in
fallimento prima della Seconda Guerra Mondiale.
Nei mesi estivi venivano in paese alcuni montanari a vendere neve portata
in cassoni a dorso di muli. Portavano quella neve che in montagna si
raccoglieva in fosse scavate apposta, compressa e coperta con le felci.
Questo fatto invogliò tre Roggianesi a piazzare una fabbrica di ghiaccio che
fu situata in un basso dei fabbricati demoliti per l’apertura della via da
Piazza Garibaldi alla sede del comune. Durò appena un paio di stagioni.
I Battendieri, in società con Alfonso D’Agostino, avevano impiantato una
centrale idroelettrica sulla riva destra dell’Esaro a circa 400 metri a monte
della strada per San Sosti. Forniva energia per i privati e per l’illuminazione
pubblica. Nei mesi d’inverno, quando l’irruenza del fiume rompeva la
pescaia, si restava al buio. Un anno, in novembre, il fiume spazzò la pescaia
e corrose il margine da cui partiva il canale. Fu l’inverno in cui
l’amministrazione podestarile collocò nelle principali vie lumi ad acetilene.
Operavano in paese due mulini: uno, di proprietà dei Battendieri, azionato
da energia elettrica, era situato in uno dei magazzini del Vaglio. Prima della
guerra fu venduto a un certo Giuseppe Bria di Rose che lo mantenne attivo
per tutto il periodo della guerra; poi fu chiuso. L’altro mulino, azionato da
motore a scoppio alimentato a gasolio, era situato al posto delle prime case
sulla destra di Via Calvario. Ne era proprietario il signor Francesco Volpe, il
quale, in seguito, fece società con Francesco Perrone e Antonio Sannuto,
tre uomini onesti per cui la società durò per alcuni decenni. Si trasformò in
mulino elettrico, pare nel ‘37, e si trasferì in Via Variante nei bassi a destra
prima del ponte, e da qui si trasferì ancora in Via Amedeo al termine degli
anni ‘40. La società si sciolse quando, per evoluzione dei tempi, l’utile era
ridotto all’osso. Intorno all’anno ‘30 un altro mulino con laminatoi a cilindri
di fabbricazione ungherese fu istituito dalla società Belcastro-Leone e
ubicato sulla Via Vittorio Emanuele nel tratto compreso fra le due traverse
di destra. Operò per pochi anni a causa di dissidi interni. Sullo stesso tratto
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