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3. Il secolo dell’alfabetizzazione:
Roggiano Gravina nel ‘900
Roggiano Gravina nei primi anni del 1900 conservava ancora il profilo
di una cittadella medievale: le mura, le stradine strette e sterrate.
La sua popolazione di circa 4000 anime era formata da pochi
massari, da alcuni artigiani, pochi commercianti, pochissimi
intellettuali ed infine una massa contadina e di braccianti che non
partecipava alla vita politico-amministrativa. Questa era demandata,
perché se ne erano appropriate, a tre o quattro famiglie che lottavano
tra loro per avere il prestigio di “comandare” la città.
Agli inizi degli anni ‘50 il quadro economico-sociale di Roggiano
Gravina era di profonda depressione; la disoccupazione era la
condizione più drammatica: ufficialmente risultavano 778 unità
disoccupate, di cui 323 donne. Inoltre, le alluvioni del ‘53 aggravarono
la situazione anche in agricoltura. Intanto gli effetti delle misure
legislative per la Calabria del ‘51 e del ‘53, l’Istituzione della Cassa
per il Mezzogiorno e la legge stralcio della Riforma agraria con la
Legge Speciale per la Calabria del ‘55, le provvidenze per i
miglioramenti fondiari, di cui al decreto n. 1742 dell’Ispettorato
dell’Agricoltura di Cosenza diedero i primi segnali di ripresa. Infatti, le
aziende degli eredi Campagna, dei fratelli Mungo, dei Bruno, di
Roberto Termine assorbirono quasi tutta la manodopera locale.
Ultimati questi interventi, iniziò un forte esodo.
Un primo passo verso la svolta dell’economia roggianese si compì
nel dicembre del ‘47 quando fu costituita l’UNLA, la quale istituì i
Comitati Comunali per la lotta contro l’analfabetismo. Ne sorsero 56
in Basilicata in brevissimo tempo, i quali organizzarono nel ’48 ben
300 corsi popolari per la durata di cinque mesi.
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