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Dundee era un allenatore-maestro che conosceva l’arte del pugno, ma era
soprattutto l’uomo che sapeva sussurrare le cose giuste al momento giusto:
un colpo particolare, una tattica precisa, il modo di comportarsi fuori dal
ring. Se non fosse riduttivo, si potrebbe dire che Angelo si comportava come
il fratello maggiore dei suoi pugili e per qualcuno era anche un padre. Lo fu
per fuoriclasse del ring come Sugar Ray Leonard e George Foreman,
Carmen Basilio e Jose Napoles, ma lo fu soprattutto per Alì.
Dundee conobbe il giovane Cassius Clay (allora si chiamava così), prima
che questi vincesse l’oro olimpico all’Olimpiade di Roma. Intravedendo le
fenomenali potenzialità, corteggiò il pugile per qualche mese Cassius rifiutò
l’offerta di partnership, poi il sodalizio si formò per non spezzarsi più.
La carriera mondiale di Alì cominciò il 25 febbraio 1964
contro Sonny Liston. Angelo era al suo angolo, presenza
discreta ma ferma, omino piccolo con grande cervello
in grado di prevedere le mosse dell’avversario.
Dundee fu uno dei pochi bianchi a difendere la scelta
di Alì di convertirsi all’islamismo. Lo aspettò fuori dal
carcere dopo la condanna per aver rifiutato di
combattere da soldato in Vietnam; lo appoggiò
sempre e comunque. «Mi faceva fare ciò che
amavo fare e fu sempre leale con me» -
scrisse Muhammad nella prefazione di un
libro di memorie scritto da Dundee - «per
questo io amo Angelo».
Dundee fu soprattutto il grande consigliere-
stratega che spiegava a Muhammad (e agli altri) l’arte del ring, suggerendo
in corso d’opera le variazioni tattiche da adottare nei momenti di difficoltà o
quando bisognava imprimere al match una certa direzione.
Resta straordinario il match di Kinshasa (30 ottobre 1974), nel quale Alì si
fece sbatacchiare da Foreman nelle prime riprese per sfinirlo, prima di
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