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Arte Lombarda 191-192 | 2021 | 1-2 | FILIPPo MArIA Ferro
22. Il pastore Boote, la Corona e la Coma, i canes venatici, in Firmamentum So- biescianum di Johannes Hevelius, Danzica 1690.
Johannes Schöner (1515) che appone il nome Trica su di un globo, descritta quindi da Gerardus Mercator (1551) e da Ty- cho Brahe (1602): una corona dalla quale calano leggeri ricci fluenti, così la disegna Hevelius.
Hevelius, nella stessa tavola in cui illustra la Corona e la Coma, aggiunge anche, ad accompagnare il pastore Boote, i canes venatici103 (fig. 22). Del resto i cani sono presenti in vari temi del mito: cani accompagnano Endimione e Atteone e il cane di Cefalo, Lelapo il ‘Cane maggiore’, ricorda in cielo le storie di dolorosi amori. Questa stagione di Giuseppe rappresenta una strana intuizione sinestesica delle forme dell’arte e dei loro rapporti con il corso delle idee.
Passano pochi anni e Donato Creti propone le immagini del- la luna per l’osservatorio astronomico vaticano104. Un’evoluzione rapida. Mentre gli astronomi disegnano carte sempre più precise e affollate dei cieli, letterati come Antonio Conti105 riconducono «le cosmogonie greche, da Talete a Pitagora, a Platone, ad una concezione materialistica del mondo variamente articolata e na- scosta in una simbologia poetica», e si preoccupano che i cieli scrutati continuino a essere d’ispirazione per le lettere106. Un punto di svolta nel descrivere il firmamento è segnato da Johann Alert Bode nel 1801107. Nel 1803 Foscolo pubblica in una ele- gante e originale versione La Chioma di Berenice di Callimaco e tiene conto dell’interpretazione di Catullo108. È la riproposizione consapevole della cultura alessandrina, memoria di un sinolo mi- rabile tra poesia e scienza. Nel 1813 Giacomo Leopardi109 sigilla tutto il fascino e la fecondità di tale abbinamento nel suo ‘pen- siero poetante’, e volta pagina rispetto ai pennelli di Nuvolone e alle lenti di Vinaccesi: le figure del mito si rendono evanescenti e al loro posto brilla una miriade di punti luce.
103 HEVELIUS, 1690.
104 Donato Creti, Osservazioni astronomiche, Città del Vaticano, Musei Vatica- ni. La serie di tele venne commissionata nel 1711 dal conte bolognese Luigi Marsili, e donata a Clemente XI per convincerlo dell’importanza per la Santa Chiesa di un osservatorio astronomico.
105 G. GRONDA, Conti, Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 28, Ro- ma 1983, pp. xxxx.
106 C. DEL VENTO, L’influsso contiano sulla Chioma di Berenice di Foscolo, in Antonio Conti: uno scienziato nella République des Lettres, a cura di G. Baldas- sarri, S. Contarini e F. Fedi, Padova 2009, pp. 425-441.
96 107 J. E. BODE, Uranographia, Berlin 1801.
108 La Chioma di Berenice poema di Callimaco volgarizzato e illustrato da Ugo Foscolo, Milano 1803.
109 G. LEOPARDI, Storia della astronomia. Dalla sua origine fino all’anno MDCCCXIII, 1813, edizioni successive 1888 e 2011.
Referenze fotografiche
1-6, 8-22: Archivio Filippo Maria Ferro; 7: Brescia, Pinacoteca Tosio Mar- tinengo.