Page 268 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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             258          LEZIONE DICIASSETTESIMA.  ,
             lori,  doratori,  pittori,  tornitori, muratori,  molti  altri erano
             occupati fuori a preparare o trasportar materiali  ; scavaminiere,
             scarpollini, segantini, marinai, e barrocciai. S’era organizzato
             delle corporazioni  d’ arti  , secondo che  gli operai attendevano
             alla lavorazione del^marmo,  del bronzo, dell’oro, del cedro,  '
             dell’ebano,  dell’avorio. Ogni  fabbrica aveva  il suo o  i suoi
             propri architetti; ogni corporazione  il* suo proprio capo ma e a
                                                   ,
             tutte le fabbriche e a tutte  le corporazioni  soprintendeva, per
             incarico di Pericle, Fidia,  1’ autore immortale del Giove Olim-
                 ‘
             pico.
                 Opera di  Ittino e di Callicrate  fu  il Partenone , maestoso
             tempio di Minerva, eretto sul più alto dell’,Acropoli , sopranno-
             minato Hecatompedon perchè aveva  la facciata  di cento piedi
              quasi 31 metro ). Nell’ interno del tempio c’ era la statua della
             (
             dea, lavoro di Fidia. L’era alta quarantasette piedi  li metri
                                                  (
             e mezzo  con una mano teneva una lancia  coll’ altra una
                    )  ;                      ,
             statua rappresentante  la  vittoria.  Il suo panneggiamento  era
             d’oro;  le  parti  nude', d’avorio; e  gli  occhi eran formati di
             pietre preziose. Nè solamente era ornata d’oro  l’ immagine della
             dea, ma di quel prezioso metallo se n’era fatto grand’uso an-
             che  nelle sculture che decoravano.!’ esteriore del tempio. Que-
             sto era tutto di marmo bianco del Pentelico. La  voracità del
             tempo e la barbarie  dei Turchi l’avevano rispettato nella sua
             integrità fino al 1687. In quell’ anno Francesco Morosini», ter-
             rore dei Turchi  , assediò Atene con una flotta veneziana. Una
             delle bombe scagliate dagli assedienti entrò nel tempio ; e avendo
             dato foco a dei barili di polvere che eran  lì dentro, fece saltare
             una parte di quel monumento.
                 ^ Gli era nel tempio di Giove a Olimpia. Questo capolavoro del grande
             scultore  , formalo d’ avorio e d’ oro , aveva proporzioni  colossali.  11. dio seduto in
             trono e incoronato d* ulivo  , teneva colla destra una Vittoria e colla sinistra  lo scet>
             tro sormontato dall’aquila; e il trono era tutto ornato di pitture e di bassirilievi.
             Nella sua Bsonomia maestosa, tutti gli spettatori  ci vedevano l’espressione dei più
             grandi concetti della poesia e della religione greca. Un poeta (vedi Cantù  , St. univ.^
             £p. Ili  , c. 20) ne scrisse un distico di cui abbiamo questa versione Ialina :
                       luppiter ut fieli sic pottet, Phidia ccelum
                       Phidiacan aut petiit luppiter ipsa domum.
             Un tale domandò a Fidia dove ne aveva attinto  l’ idea. « In Omero  •• rispose  ; e
             recitò questi versi;
                                                     ,
                       Disse ; e il gran figlio di Satomo i neri
                       Sopraccigli inchinò. Su l’ iinmurlale
                       Capo del sire le divine cliiume
                       Ondeggierò, e tremunne  il vasto Olimpo.  Iliade  I.



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