Page 271 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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CULTURA AL TEMPO DI PERICLE.  261
     pioti ed é riputato  il lirico per eccellènza. Ma chi sa se lo sa-
     rebbe quando si potesse far dei confronti fra le sue creazioni e
     quelle degli altri  ! ^i sa che Bacchilide gli dava ombra, e che
     Corinna riportò  siJ di lui j per cinque volte,  il prenqio nei con-
     corsi poetici. Comunque sia, furono  gli ultimi che usassero ja
     lirica con  tanto splendere.  Il  posto  della  lirica,  l’ occupò  la
     drammatica. La  gloria del dramma  fu  tutta  d’ Atene  : questo
     genere di poesia che comprende in sè  tutti gli altri, ebbe vita
    e sviluppo fra  il  popolo che di  tutte,!’ arti prediligeva l’archi-
     tetlufa; quella cioè che  si  fa servire dall’ altre.
       Era antica usanza in Atene, alle  feste di Bacco, d’ c.«al-
     lare  i trionO del dio coii dei ditirambi,  cioè canzoni ora  tristi
     ora liete, ma sempre  libere  nel loro andamento.  Il coro che
     eseguiva  la canzone, nel mentre cantava, ballava torno torno
     all’altare  di Bacco su cui fumava intanto  il sacrifizio. Perché
     la vittima immolata era un capro  ( in greco rpàyr>i), quella rap-
     presentazione di ballo e canto a un tempo, prese  il nome di
     tragedia o canzone del capro. Ecco a cosa  s’ applicava in princi-
     pio quella parola destinata, col tempo, a significare dei più no-
     bili prodotti del genio umano.  Al tempo  di  Pisistrato  il poeta
     Tespi immaginò d’introdurre un personaggio  (la di cui parto
     la sosteneva quasi sempre lui stesso)  il quale, framezzo al coro,
     recitasse qualche monologo. Durante questo,  il coro cessava dal
     ballo e stava a sentire  : ma non se ne stava uditore passivo, e
     faceva a quel personaggio delle domande o delle considerazioni.
     La parte principale era sempre del coro. Pare che Tespi mede-
    simo introducesse  1’ uso della maschera e del coturno. La prima
     imitava  la fisonomia ideale o  tradizionale  del  dio o dell’eroe
     rappresentato dal personaggio  il secondo
                  ;    ( stivaletto colle sòia
     altissimé) ingrandiva la statura del personaggio e perchè avesse
     più maestà e perchè fos.se meglio visto da  tutti  gli  spettatori.
     Sulle tracce  di Tespi, introducendo via via dei miglioramenti
    e accrescendo la parto drammatica a scapito della  lirica, cam-
     minarono Frinico, Fratina e Cherilo. Gli superò  tutti  Eschilo
     che gli Ateniesi chiamavano  il padre  della tragedia. E  lo  fu:
     non nel senso però che costruis.«e  lui  il teatro, o inventa.sse lui
     l’apparecchio drammatico, ma nel senso eh’ e’ dette al dramma
     una struttura elaborata in ordine  alla  catastrofe, lo sollevò a
     nova dignità e gli spirò una vita immortale.
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