Page 358 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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348   •       LEZIONE VENTUNESIMA.
           e uccidend^y Ippocrate stesso. Dopo questa vittoria andò a esi-
           gere delle contribuzioni nell’ Ellesponto e nel Chersoneso , mentre
           i suoi colleghi si trattenevano a negoziare òon Farhabazo e coi
           Calcidonesi.. Il primo -s’ obbligò a pagare venti talenti  ;  i secondi,
           a ritornare sotto  l’ ubbidienza d’ Atene, e pagarle tutti  i tributi
           arretrati.
               Bisognava- allora riconquistare la ribelle Bisanzio che era
           occupata dai Peloponnesiaci e di cui era armosta (governatore) lo
           spartano Clearco. Alcibiade le mosse contro. Appena arrivato co-
           minciò  i lavori d’ assedio  :  il quale non fu lungo  , perchè Anas-
           silao gli apri le porte della città. Cosi se-nl impadronì  ; ma. non
           senza contrasti per parte dei soldati che erano incaricati della
           difesa. « Anassilao, essendo poi accusato a Sparta di tradimento,
            » non cercò punto  di  giustificarsi con una. difesa vergognosa.
            » Disse che lui non essendo spartano ma bisantino  , e vedendo
            » in pericolo non Sparta ma Bisanzio, dove  gli Ateniesi asse-
            » dianti non ci lasciavano entrar nulla, e dove le truppe del Pe-
            » loponneso e  della Beozia consumavano  i  pochi  viveri che
            » c’era, mentre  i Bisantini colle loro mogli e figlioli morivan di
            » fame,  piuttosto che  tradito la città  e’ l’aveva liberata dalle
            » sciagure della guerra. E così facendo, aveva praticato le mas-
            » sime dei migliori cittadini di Sparta che una sola cosa tro-
            » vavano bella e giusta  : Far del bene alla propria patria. OH
            » Spartani approvarono questa giustificazione e l’assolverono
                       ' Si renda la debita lode a Sparta per quest’atto,
            »  dall’ accusa. »
            per lei raro,' di giustizia.
               Dopo tanti successi  , Alcibiade credè di poter cedere alle
            premure insistenti de’ suoi amici e ritornare in patria. Il suo ri-
            torno, che ebbe luogo nel maggio del 407, fu un vero trionfo.
            Tutte le sue navi erano ornate  di scudi e di spoglie nemiche.
            Dietro a quelle ne veniva parecchie da lui conquistate nelle bat-
            taglie  : e delle navi nemiche che erano state distrutte, se ne por-
            tava le insegne. Fra  1’ une e  l’ altre non erano meno di dugento.
            « Appena sbarcato,  il popolo in folla gli mosse incontro man-
            » dando alte grida di gioia. Senza occuparsi punto degli altri
            » capitani, accorrevano tutti intorno a lui, lo salutavano, ne se-
            » guivano  i passi, l’incoronavano. Chi non  gli  si poteva acco-
            » stare, lo cercava di lontano cogli occhi  , e  i più vecchi l’addi-
               } Plut.,






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