Page 360 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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       ^        LEHONE VENTUNESIMA.
       religioso, non si mossero; e la pia cerimonia si potè fare tran-
       quillamente.  « Per questa cosa Alcibiade  si  procacciò tanto
       » r affetto dei poveri e dei cittadini del ceto inferiore, ch’e’de-
       » sideravano ardentemente d’ essere signoreggiati da lui  ; e al-
       » cuni andarono a esortarlo ad abolire  i decreti e le leggi, ad
       « allontanare tutti gli uomini frivoli che danneggiavano alla re-
       » pubblica colle loro ciarle  , e a disporre di tutto a suo talento,
       « senza darsi punta cura dei calunniatori. Lui, non  si sa che
       » intenzioni avesse quanto a questa tirannia a cui era invitato  :
       » ma.i più potenti  fra  i  cittadini, temendo le conseguenze di
       » quel favore popolare, sollecitarono quanto più poterono la sua
       » partenza, accordandogli tutto quello che volle e dandogli per
                     ‘
       » colleghi quelli che domandò. »
         E Alcibiade  parti  per ritrovare novamente  l’ esilio. Un
       tentativo fatto da lui sopra Andro andò a voto; e siccome e’s’era
       oramai acquistato la fama d’ onnipotente  ,  il mobile volgo attri-
       buì subito quel sinistro successo  alla negligenza  del generale.
       S’ aspettava inoltre di giorno in giorno  la  notizia della ricon-
       quista di Chio e del resto dell'Ionia. Questa notizia non venendo,
       gli animi  in Atene cominciarono a indignarsi contro di lui. A
       porre  il colmo all’ indignazione contribuì il fatto,seguente. Men-
       tre  i marinai spartani ricevevano la paga di quattro oboli. Alci-
       biade non poteva darne a’ suoi più di tre:  il che èra cagione di
       lamenti e anche di diserzioni. Quindi, per trovar modo di ripa-
       rarci, andò a raccoglier danaro dagli  alleati, e lasciò intanto,
       come suo sostituto nel comando della flotta , un certo Antioco
       valente marinaio ma uomo di poca mente e rischioso. Gli aveva
       dato r ordine di non venire a battaglia nemmen provocato: ma
       al contrario  si  fece  lui stesso provocatore, e s’azzuffo coi ne-
       mici. Questo combattimento, ad Antioco gli costò la vita, alla
       sua flotta molte navi e un gran numero di prigionieri. Allora
       uno dei nemici d’ Alcibiade corse ad Atene, e  l’ accusò  d’ aver
       rovinato le cose della patria abusando del suo potere: giacché
       aveva  lasciato ad altri  il comando della flotta, e non  perchè
       fossero capaci, ma perchè erano suoi compagni di stravizio  ; e
       ciò per aver lui l’agio d’andare nei paesi vicini a far danaro a
       proprio vantaggio e abbandonarsi alla dissolutezza. L’ accusava
                      forte castello
       inoltre d’aver fatto fabbricare un  nella Tracia,
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