Page 225 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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            Il velo (ḥi ā ) su di Lui e la cortina ( at ) era Mosè, su di lui la Pace, come
            per gli arabi il velo sulla Parola di Allah era Muḥammad, che Allah
            faccia scendere su di lui la Sua  alāt e la Pace.


            la scienza]”. Inoltre essa è riportata nel Cap. 559 [IV 406.10], con l’intercalazione di
            altri due versi; il capitolo in questione è quello dei “segreti (a  ā )” contenuti in ognuno
            dei capitoli che lo precedono. Il capitolo a cui si riferisce il brano contenente i versi è il
            382, che a sua volta tratta delle dimore e stati spirituali correlati con la Sūra II e con i
            suoi versetti; nel riportare il brano ho indicato tra parentesi il versetto corrispondente:
            “Di questo [capitolo dei “segreti”] fa parte la vivif cazione dei morti per mezzo dei
            vegetali, riguardante il capitolo 390 [in realtà 382]. Egli ha detto: l’animale (ḥaya ā )
            non si nutre se non del vegetale ( a āt) e quindi la sua vita [quella dell’animale] è la sua
            vita [quella del vegetale], e per quello, quando non trova il nutrimento, corre qua e là
            all’impazzata (i  a a a); ed ha detto: “ed Allah vi ha fatto crescere dalla Terra [come]
            piante ( a āt)” (Cor. LXXI-17) e quindi [l’animale] non si nutre se non del simile e del
            conforme; ed ha detto: “chi è f sso cresce come uno che va (ma   a ata  a ata mi la  ā i )”;
            ed ha detto: la morte [che precede la vita, cioè la non-esistenza (ʿu um)] è l’origine (a l)
            [cfr. Cor. II-28] e per questo l’estinzione (  a ā ) fa parte degli stati spirituali della Gente
            della Via di Allah, af  nché essi la conoscano [la morte] per gusto spirituale, e quindi
            essi sono nella permanenza ( a ā ) con Allah in uno stato di estinzione da loro stessi; ed
            ha detto: “ed abbiamo fatto dall’acqua ogni cosa vivente” (Cor. XXI-30), ed essa non
            è uscita se non dalla pietra [cfr. Cor. II-74] e la pietra non l’ha elargita se non dopo il
            colpo con il bastone [cfr. Cor. II-60], ed il bastone è vegetale, e per mezzo dell’acqua
            ha vivif cato i morti. Dov’è dunque il grado dell’animale rispetto al grado del vegetale?
                        a u a  ia ta (šaǧar)       i    (qāḍ ) u a  i t a (ḥaǧar),
                                           in
                           a u   ui             a   all   i t    t
                      m      i  i    la  ita       a     t m  l  limi a i     i  i
                           a           l i    (ḍārib)  i t     i   li (astār).
            Ed ha detto: le durate dell’esistenza sono limitate ed i giorni sono contati [cfr. Cor. II-
            203], ed ha detto: le anime ( u ū ) sono sopraf atte ed i sof   (a  ā ) sono ristretti; ed ha
            detto: il volto di Allah sei tu e tu sei la  i la dovunque ti trovi [cfr. Cor. II-115], quindi
            non rivolgerti che a te. Il Calif o non si manifesta se non per mezzo della forma di Colui
            che egli rappresenta e tu sei il [Suo] Calif o sulla Terra [cfr. Cor. II-30] ed Egli è il
            [tuo] Calif o nella famiglia”. Il capitolo 559, per la dif  coltà dei suoi contenuti, è quello
            in cui i copisti hanno commesso maggiormente errori; nell’edizione più dif usa delle
            Futūḥāt, che è quella pubblicata in quattro volumi al Cairo nel 1911 (1329 dall’Egira),
            con numerose ristampe, ed a cui fa riferimento la numerazione delle pagine arabe, il
            primo verso della poesia recita:
                                           in
                        a u a  i t a (ḥaǧar)     i    a (fāḍ ) u a  ia ta (šaǧar).
            Nella prima edizione, che è quella curata e pubblicata dall’Emiro ʿAbd al-Qādir al-
            Ǧazāʾirī nel 1852 (1274 dall’Egira), anch’essa in quattro volumi, la pietra e la pianta
            sono al posto giusto, ma al verbo manca un punto diacritico, per cui si legge  ā  invece
                                                                i
            che  ā  ; per stabilire il testo corretto mi sono avvalso dell’edizione di ʿUṯmān Yahyā,
                 i
            in  quattordici  volumi,  che  coprono  però  solo  un  volume  e  mezzo  delle  edizioni  in
            quattro volumi, e che è basata direttamente sul manoscritto autografo di Ibn ʿArabī,
            conservato a Istanbul.
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