Page 10 - Giornalino Eureka #2
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Attimi sospesi                               Giulia Roccella IV B/l  –



            Principe Umberto



            Era bella  anche quando me la ritrovai  fra le mie braccia  con quel vestito che odorava di  libertà,  la sua pelle di
            porcellana,  i suoi capelli soffici come le nuvole e neri come il profondo di un pozzo, con quel rossetto rosso che rendeva le
            sue labbra vellutate e quel fermaglio che cercava di sostenere i suoi capelli ribelli.
            La cosa che amavo di più di quella ragazza era il suo carattere: era coraggiosa tanto che non ebbe paura nemmeno
            quando vide la canna di quella pistola, a lei sconosciuta, e degli occhi che spuntavano dietro essa. Non fu ferita solo alla
            gamba, ma anche al suo cuore.

            Ero stupita della sua espressione quando mi vide:  il suo sguardo era tranquillo e sereno.  Mi dava un certo fastidio non
            vederla avere timore di me. Tutti hanno paura quando mi vedono e si accorgono chi sono, ma lei non era “tutti”.

            In quel momento il suo volto mi mostrò  la brama di vivere,  il desiderio di prendere il diploma, quello di ridere insieme
            ai suoi amici conosciuti durante il liceo,  la voglia di sfiorare il viso della persona che amava, di dirigersi verso l’altare  e il
            sogno di tenergli ancora una volta la mano. Voleva assaporare meglio la vita che le era stata tolta all’improvviso.

            Non so cosa mi spinse a ritornare la sua anima a quel mondo così crudele, forse ero rimasta impressionata dalla crudeltà
            che si consumò  durante quella gelida serata o  perché  sapevo che il mondo aveva ancora bisogno di lei, ma l’unica cosa
            certa è che il suo sguardo quasi mi “uccise”.
            Quella sera lei sembrava aggraziata come una ballerina, dolce come una madre quando abbraccia suo figlio e  libera come
            soltanto i sognatori riescono ad essere. Si era preparata al meglio per far colpo sul suo fidanzato. Stavano insieme sola da
            due mesi, ma furono sufficienti per  farle capire che era quello giusto.

            Quando scese dal suo appartamento, dove abitava con la sua famiglia, si diresse verso la macchina del suo ragazzo che
            rimase senza parole come tutte le volte che la vedeva  a scuola con i capelli legati da un debole elastico, nelle  foto quando
            faceva le facce buffe  o quando piangeva per qualcosa di stupido.

            Erano felici di andare a vedere la prima di quel film; dopo sarebbero andati al fast-food di quel centro commerciale. Per
            tutti e due quella sera sarebbe potuta essere  stupenda, quasi perfetta  e  poteva esserlo se quegli ignoti fossero stati
            bloccati alla frontiera e se qualcuno si fosse accorto delle loro facce misteriose.

            Lui osservava ogni minimo particolare della sua amata. Pendeva dalle sue labbra, gli piaceva la forma del suo sorriso e
            ogni volta che si baciavano sembrava che il mondo si fermasse e che non ci fosse più nulla  intorno a loro, solamente il
            forte battito dei loro cuori.

            Amavano  andare in montagna. Quel luogo era  come un altro pianeta  con la  sola differenza che non c’era il rimbombo
            dei clacson, le nuvole nere che coprivano le strade e la gente che correva per andare al lavoro. Lì c’erano solo loro, i raggi
            del Sole, le foglie e la libertà che  accarezzava, come una piuma, la loro pelle. Adoravano ascoltare il rumore delle foglie e
            odorare il profumo della vita.
            Lei sapeva che non ci sarebbero più andati, sapeva che non avrebbe più potuto sfiorare le labbra di colui che amava più
            della sua stessa vita, sapeva che in quel preciso istante la sua vita non avrebbe più avuto un senso.
            Non potrò mai dimenticare i suoi occhi colmi di lacrime, capii che voleva che lo salvassi, forse avrebbe rinunciato alla sua
            stessa vita per lui, ma non sono io che scelgo chi, come e quando tirar via come un nastro di seta, la vita. Non è colpa mia
            se gli uomini si uccidono l’uno con l’altro senza scrupoli, senza la più che minima consapevolezza che quello che hanno di
            fronte, colui che può essere un loro amico o il proprio fratello, non è altro che una persona tale e quale a loro con gli stessi
            sentimenti ed emozioni.
            Era successo tutto all’improvviso, un attimo prima erano seduti sopra quella poltrone un po’ scomode, anche se a loro
            non importava, e subito dopo giacevano lì a terra.

            Gli umani non sanno gustare gli avvenimenti quotidiani e si accorgono della loro importanza solo quando ormai sono
            solo un ricordo lontano. In tutti questi secoli di lavoro non ho capito ancora a fondo gli esseri umani e non comprenderò
            neppure cosa significa per loro l’essere umano. Non hanno capito niente dai loro errori e dalla vita che li circonda.
            Solo di una cosa sono certa: lui non c’era più e lei non avrebbe più sentito la sua candida voce sussurrarle all’orecchio: “ ti
            amo”.
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