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148 raffaella y. nanetti
Depressione le mise sotto pressione, quando nel dibattito pubblico si iniziò ad argomentare che le donne lavoratrici usurpavano il lavoro degli uomini, in particolare quando la classe operaia maschile in massa cominciò a perdere il lavoro. Inoltre, nei media si diffondeva sempre più e prendeva forza il messaggio culturale che si opponeva all’idea che le donne sposate lavorassero. Nel 1930 e 1931 un numero significativo di insegnanti donne persero il lavoro, allorquando metà delle scuole del Paese licenziarono le insegnanti sposate e poi, a seguito della legge del 1932, Economy Act, approvata dal Con- gresso, le donne sposate che erano dipendenti federali furono le prime a essere licenziate man mano che ci furono riduzioni di impiego. Nel settore manifatturiero l’occupazione femmi- nile era soprattutto in lavori di bassa qualifica, e di nuovo le donne furono le prime a essere licenziate. Di conseguenza, nei primi anni della Grande Depressione la disoccupazione femminile crebbe molto più velocemente di quella maschile.
Durante la prima guerra mondiale e negli anni Venti, masse di neri avevano lasciato le grandi fattorie del sud per spostarsi in quartieri segregati delle grandi città del Paese dove trovavano occupazione non qualificata nel settore del- le costruzioni e come domestici presso famiglie o in lavori occasionali. Nel 1930 un quinto dei neri americani vivevano in città e la maggior parte di loro realizzava un reddito di mera sussistenza (Wolters, 1970). La Depressione peggiorò molto la loro condizione, soprattutto nelle città del sud del Paese, quando i bianchi iniziarono a rimpiazzare i neri nei loro lavori, e gruppi organizzati di vigilantes si muovevano per tenere fuori i neri dai pochi posti di lavoro. La piccola classe media di commercianti neri presente nei ghetti delle grandi città del nord, quali il quartiere di Harlem a New York, non si trovò in condizioni migliori; gli immobili di loro pro- prietà o gestiti da loro in affitto diminuirono dal 30% nel 1929 al 5% nel 1935. A livello nazionale, la disoccupazione dei neri nelle città aumentò fino a superare dal 30% al 60% quella dei bianchi. Spesso occupati per ultimi, gli immigrati neri erano i primi a essere licenziati.
































































































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