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nella qualificazione del capitale umano e allo stimolo alla nuova imprenditorialità).
A tale riguardo, la situazione delle aree in ritardo di svi- luppo si connota per:
– le ridotte dimensioni dei sistemi produttivi cui si accom-
pagna generalmente la specializzazione in settori tradi- zionali, spesso in crisi o in una fase di maturità che può precedere la crisi;
– il basso stimolo all’imprenditorialità, collegato a fattori di vario genere (non solo fattori culturali, ma anche ineffi- cienze nella gestione della burocrazia, legalità e sicurezza, dotazione infrastrutturale);
– scarsa valorizzazione del capitale umano, che, laddove sviluppato grazie alla presenza di validi istituti di istruzio- ne superiore e terziaria, non trova adeguate opportunità di impiego.
Si tratta di fattori che determinano una tendenza all’esclu- sione, piuttosto che all’inclusione, dai circuiti internazionali dell’innovazione. Da questo punto di vista, nell’ambito della politica di coesione la politica dell’innovazione assume delle caratteristiche peculiari e grandi sfide rispetto alle altre aree di intervento pubblico, che impongono ancora maggiormente di considerare il modello di sviluppo socio-economico dei territori, affinché questa politica sia efficace.
Se i fallimenti di mercato su cui la politica di ricerca e innovazione (R&I) interviene sono generalmente identificati nel basso investimento privato in R&I e nel razionamento del credito, per i territori in ritardo di sviluppo assumono particolare rilevanza anche i fallimenti di sistema. Essi sono rappresentati dalla diffusa incapacità, da parte degli operatori economici, isolati e di piccole dimensioni, di percepire le opportunità di mercato offerte dal “nuovo” e riconoscere il valore della collaborazione (tra privati, o con il mondo della ricerca), a causa del basso livello di competenze e conoscenze possedute (bassa «capacità di assorbimento»), e in ultimo di esprimere una qualificata domanda di innovazione. In gene-