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In secondo luogo, la grande ingerenza partitica presente nella gestione degli aiuti ha per lungo tempo inibito il conso- lidamento tra le amministrazioni nazionali e regionali di una cultura sia del monitoraggio che della valutazione. Relativa- mente al prevalere di fini clientelari negli anni dell’intervento straordinario Baudner e Bull hanno argomentato:
«L’industrializzazione del Mezzogiorno tendeva a creare “cattedrali nel deserto”: enormi progetti di industrializzazione promossi dallo Stato che non riuscivano a stimolare processi di sviluppo spontanei nelle economie locali e regionali in cui venivano calati. E più l’intervento pubblico veniva esteso agli anni Settanta e Ottanta per arginare il declino economico, più diveniva il veicolo principale delle politiche paternalistiche e clientelari poste in essere dai partiti al governo per rinforzare la propria base elettorale al Sud. È in questo modo che la politica per il Mezzogiorno divenne uno dei capisaldi della lunga permanenza della Democrazia Cristiana al governo» (2005, p. 303).
In sintesi, prima dell’avvio del ciclo di programmazione 1989-1993 la politica regionale italiana è stata storicamente caratterizzata da una gestione che, seppur con una natura tendenzialmente centralizzata, ha visto negli anni il coin- volgimento di una pluralità di attori e il consolidamento di insoliti meccanismi contrattuali tra gli attori statali e quelli regionali e locali. Si è inoltre trattato di una politica con- solidata dal punto di vista istituzionale e con un grado di misfit rispetto ai nuovi principi comunitari particolarmente marcato, il che non ha certo creato le condizioni per un fa- cile e celere adattamento delle strutture domestiche ai nuovi standard europei. Il modo in cui ció è realmente avvenuto verrà discusso nel prossimo paragrafo.
5. La via italiana alla politica di coesione
In questo paragrafo si cercherà di comprendere come l’Italia ha risposto alle sfide istituzionali poste in essere dalla riforma