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Il divario socio-istituzionale fra nord e sud 21
no o Torino? In epoca liberale (1871-1911), la Campania a dire il vero è la regione con la più bassa crescita pro-capite del PIL (-13 punti dal 1871 al 1911, fatta 100 la media italiana), dopo il Veneto (-18); nell’intera storia dell’Italia post-unitaria (1871- 2011), è di gran lunga la regione con la performance peggiore (si torni alla Tabella 1); ed è la più importante (in termini di abitanti) regione del Sud – e la più favorita in termini di po- tenziale di mercato. Per la seconda metà del ventesimo secolo, le preoccupazioni sono ugualmente serie. Se la posizione ge- ografica è stata la ragione principale della convergenza dell’A- bruzzo, perché questa si è arrestata dopo che gli incentivi pubblici (dello Stato italiano e poi dell’Unione Europea) sono terminati a metà anni Novanta? La convergenza dell’Abruzzo al contrario sarebbe dovuta proseguire, come nel caso delle Marche. E ancora, come si spiega la convergenza della Sar- degna, oggi terza fra tutte le regioni del Sud nel reddito per abitante dopo l’Abruzzo e il Molise, ma che probabilmente è in assoluto la più sfavorita per posizione, densità abitativa e potenziale di mercato? Così come a livello internazionale la spiegazione geografica non riesce a dirci perché mai nel lungo periodo, ad esempio, il Giappone o l’Australia siano cresciuti molto più delle Filippine, allo stesso modo, in Italia, non è in grado di spiegare perché mai la convergenza dell’Abruzzo si è fermata, o perché la Sardegna sia andata meglio della Cam- pania. Vale la pena aggiungere che, in termini complessivi, l’arretramento del Sud Italia negli ultimi quattro decenni è stato dovuto al più basso tasso di occupazione, anziché al- la minore produttività – variabile che invece ha continuato, se pur lentamente, a convergere (Felice, 2011, 2016). Divari significativi nelle economie di scala dovrebbero condurre a differenziali simili nella produttività, ma questi ultimi non si osservano al giorno d’oggi fra Nord e Sud (differenze vi sono, ma più deboli che nel PIL pro capite). Ai nostri tempi, il Mezzogiorno è più importante come area di mercato, per i beni e i servizi prodotti altrove, che non come centro di produzione: il suo problema non sembra porsi sul lato della domanda, ma su quello dell’offerta.