Page 16 - Bollettino I Semestre 2019
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al vincolo reale) sono accertati in funzione del semplice fumus commissi delicti; l'incidente di
            esecuzione  segue  all'accertamento  pieno  della  responsabilità  penale,  o  all'accertamento
            autonomo - ma sempre con piena cognizione - dei presupposti della confisca quando la misura

            ablatoria  possa  essere  adottata  anche  in  assenza  di  una  condanna.  Se  così  è,  potrebbe  in
            definitiva  ammettersi  che  l'inesistenza  del  fumus  possa  essere  dedotta  anche  dal  terzo
            interessato ai fini della revoca del sequestro, trattandosi di una valutazione che non può che far
            leva sull'assoluta evidenza della fragilità dell'impianto accusatorio assunto a presupposto della

            misura reale. Ma è ovvio che la situazione sia del tutto diversa quando si tratta di aggredire in
            sede esecutiva il dictum di una sentenza penale di merito irrevocabile, che può essere rimesso
            in discussione dal terzo solo nei limiti dell'inopponibilità nei suoi confronti del giudicato sulla

            confisca. In secondo luogo, la giurisprudenza di legittimità si è condivisibilmente orientata, di
            recente, nel senso che nemmeno nella fase cautelare il terzo che affermi di avere diritto alla
            restituzione della cosa sequestrata sia legittimato a contestare l'esistenza dei presupposti della
            misura reale, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene

            sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato>>.

            2.3. Quanto alla citazione a giudizio del terzo nelle ipotesi previste dall’art. 104-bis, comma 1-
            quinquies, disp. att. c.p.p. in relazione all'art. 240-bis c.p. (peraltro introdotto in data successiva

            rispetto a quella in cui gli imputati erano stati rinviati a giudizio, e persino rispetto a quella della
            sentenza di primo grado: ed è noto che, in tema di successione nel tempo di norme processuali,
            è tradizionalmente accolto il principio tempus regit actum: cfr. Cass. Sez. U., sentenza n. 44895

            del 17/07/2014, Rv. 260927 - 01), si è osservato che essa ha, in definitiva,

            <<soltanto la funzione di imporre al giudice della cognizione di ascoltare le sue ragioni prima di

            pronunciarsi sulla confisca, pervenendo così ad una decisione più meditata sul punto, attraverso
            una  completa,  contestuale  ponderazione  di  tutti  gli  interessi  potenzialmente  coinvolti  nella
            misura  patrimoniale,  senza  che  nemmeno  in  questo  caso  la  partecipazione  dei  terzo  possa
            tradursi in un intervento adesivo a favore dell'imputato>>.


            2.4. Si è, sul punto, concluso che

            <<nemmeno nei casi in cui sia prevista la sua partecipazione al giudizio, il terzo interessato sia

            legittimato ad interloquire nel processo in relazione a profili diversi da quelli attinenti all'effettiva
            titolarità  o  disponibilità  del  bene  sequestrato  o  confiscato  o  all'esistenza  di  relazioni  di
            "collegamento"  con  l'imputato,  dovendo  al  contrario  tale  legittimazione  ritenersi  esclusa  in
            relazione ai tema della responsabilità penale dell'imputato; continuano, quindi, a valere, pur nel

            mutato assetto normativo, i principi affermati, tra le altre, da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14215
            del  06/02/2002  Rv.  221843,  Zagaria  R  ed  altro  con  riferimento  al  sequestro  preventivo
            finalizzato alla confisca obbligatoria ex art. 12-sexies D.L. 8 giugno 1992 n. 306 [ora art. 240-




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