Page 59 - Bollettino I Semestre 2019
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1956, peraltro in ampia parte trasfusa nel vigente Codice delle leggi antimafia, D.lgs. n. 159 del
            2011).


            1.1. La Corte EDU aveva ravvisato violazioni dell’art. 2 del Protocollo n. 4 alla Convenzione EDU
            sia quanto ai presupposti per l’applicazione della misura della sorveglianza speciale (peraltro
            annullata dalla Corte d’appello per difetto di pericolosità attuale, ed essendo stati erroneamente

            valorizzati a carico del prevenuto elementi in realtà riguardanti un suo omonimo) che quanto a
            quattro prescrizioni che ne erano conseguite.

            1.1.1. Quanto al primo profilo, la Grande Chambre, nel riconoscere che le restrizioni oggetto di

            doglianza avevano una base legale, aveva ritenuto che l’art. 4 della l. n. 1423 del 1956 (medio
            tempore quasi integralmente trasfuso negli artt. 1 ss. D.lgs. n. 159 del 2011) non contenesse
            una chiara e precisa indicazione degli elementi di fatto e degli specifici comportamenti sintomatici
            della necessaria pericolosità sociale, valorizzabili ai fini dell’applicazione della misura, finendo col

            rimettere il relativo apprezzamento alla discrezionalità del giudice, senza indicare le finalità e le
            modalità di esercizio di tale discrezionalità, il che rendeva le conclusive decisioni non prevedibili,
            non essendo ex ante chiaro a quali soggetti, ed in ragione di quali comportamenti, la misura de

            qua potesse essere applicata; difettavano, inoltre, adeguate garanzie da eventuali abusi, avendo
            in  concreto,  il  Tribunale  indebitamente  valorizzato,  ai  fini  dell’applicazione,  una  generica  ed
            indeterminata <<tendance à la dèlinquance>>,


            1.1.2.  Quanto  al  secondo  profilo,  la  Grande  Chambre  aveva  ritenuto  che  il  contenuto  delle
            prescrizioni di 1) “non dare ragione di sospetti” (non più menzionata dall’art. 8 D.lgs. n. 159 del
            2011 tra quelle applicabili), 2) “vivere onestamente”, 3) “rispettare le leggi”, 4) “non partecipare
            a pubbliche riunioni”, non fosse normativamente definito con chiarezza, e quindi che la misura

            di  prevenzione  che  ne  comportasse  l’applicazione  interferisse  illegalmente  sulla  libertà  di
            circolazione del prevenuto; inoltre, la prescrizione di “non partecipare a pubbliche riunioni” era
            di per sé illegittima, perché comprimeva illimitatamente il diritto di riunione del prevenuto, non

            potendo ammettersi che la fissazione dei relativi limiti spaziali e temporali fosse rimessa alla
            discrezionalità del giudice, in difetto di parametri normativi che delimitino e guidino l’esercizio di
            tale discrezionalità.


            2. Le illegittimità costituzionali dichiarate da Corte cost., n. 24 del 2019.

            Le questioni esaminate dalla Corte costituzionale con la sentenza n.  24 del 2019 riguardano

            l’asserito difetto di tassatività delle fattispecie previste dai numeri 1) e 2) dell'art. 1 della legge
            n. 1423 del 1956, nella versione modificata dalla legge 3 agosto 1988, n. 327 (Norme in materia
            di misure di prevenzione personali), confluite in termini pressoché identici nelle lettere a) e b)
            dell'articolo 1 del d.lgs. n. 159 del 2011, applicabile con riferimento alle proposte di misure di





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