Page 116 - Per-colpa-di-quella-divisa-bianca-da-marinaio_Neat
P. 116
“Marinaio, tu lo sai che qui' fa un freddo atroce. Ai primi di
Dicembre lavoravo con un gruppo a demolire macerie, e verso
la sera mi accorsi che non sentivo piu’ il piede. Cercai di
muovermi, di strofinarlo, ma di notte non mi fece dormire.
Quando mi esaminarono all'ospedale il giorno appresso, mi
dissero che non si poteva salvare... cancrena!”.
“Fu una operazipne dolorosa?”.
“Dolorissima! I mezzi e le medicine che hanno sono limitati
dalla guerra. Ma mi hanno salvato la gamba”.
“Senti ancora tanto male?”
“Tanto, specialmente quando fa freddo, non mi fa dormire”.
Mentre mi parlava avevo davanti agli occhi mio fratello
Basilio, soldato anche lui, della classe del venti. Nei primi
mesi di guerra nel 1940, fu gettato sulle Alpi Itliane, contro la
Fraa una guerra pazzesca. Resto' sul fronte pochi gionù, gli si
congelarono i piedi e torno' a c appoggiandosi alle stampelle,
con i piedi atrofizzati. In casa nostra quel giorno ci fu tem-
pesta di lacrime. La vista di quell'alpino mi'riporto' addosso
tutte le pene passate, lacrime mi scendevano dagli occhi senza
vergogna!
La conversazione si spezzo'. Lui mi scosse da quello stato
doloroso.
"Marinaio, mi dispiace di averti rattristato tanto. Non era mia
intenzione. "Non e' solo quello che mi hai detto tu. Ho rivisto