Page 108 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
P. 108
98 LEZIONE SESTA.
vate parecchie ferite. Finalmente colpito nella testa da una pie-
tra, cadde, e rimase prigioniero con cinquanta do’ suoi compa-
gni. Condotti a Sparta, furono condannati a esser precipitati nei
Ceada, profonda voragine dov’ eraii gettati i più vili delinquen-
ti. Perirono tutti, fuori che Aristomene. La leggenda raccoiiUi
che un’ aquila lo sostenne sulle sue ali nella caduta : j>er cui ar-
rivò pian piano, senza nessun danno, nel fondo della voragine.
Non sperava per questo di sfuggire alla morte ; e ravvolto nel suo
mantello, l’aspettava invece di momento in momento. Quan-
d’ecco, il terzo giorno che c’era, gli ferisce l’orecchio un ru-
more; il rumore d’un es.sere animato che si move: guarda, e
vede una volpe che veniva, attirata dalla fame, a mangiare i ca-
davesi : ci doveva dunque essere un adito pel quale la bestia
s’ era introdotta. Aristomene, senza punto scomjmrsi, lascia che
la voljK! gli si avvicini: l’ afferra allora per la coda con una
mano, le dà coll’altra il manUdlo a mordere, quando gli si volta
contro inferocita ; e secondandola intanto nella sua fuga, non la
lascia libera finché non ha scorto un po’di luce che iienetrava ap-
punto dal pertugio pel quale era passata la volpe. Ci arriva; l’allarga
colle mani, ed esce ; il giorno dopo si trovava fra i suoi giubbilanti.
Uicominciù subito le sue imprese. Assalita un’armata di
Corinti che venivano a congiungersi cogli Spartani, no menò
tale strage, che offri a Giove, per la terza volta, il sacrifizio
chiamato ecalonfonia. Si chiamava cosi perché era riserbato ai
guerrieri che avessero ucciso cento nemici. Ma il momento della
rovina fatale era giunto pei Messeni, e Ira doveva cadere dopo
undici anni d’ una resistenza prodigiosa. Una notte pioveva di-
rottamente; e le sentinelle appostate ai bastioni d’ira, per non
restare esposte al furore della procella, abbandonarono le loro
consegne e andarono alle proprie case. Credevano che il nemi-
co, con quel tempo, non si sarebbe mosso dal campo: né gli
tratteneva da commettere quell’imprudenza il timore d’ Aristo-
mene, perché questo, per una ferita ricevuta recentemente, pen-
lo sue ronde consueto. Ma c’ era
savano che non avrebbe fatto
in Ira un pastore d’Emj)eramo, nobile Sparlano, da cui aveva
disertato qualche tempo innanzi per amore d’una donna messe-
nia. ^enulo costui a conoscere l’abbandono dei posti militari,
ponsò d’ approfittarne per ottenere il perdono dal suo padrone
;
il quale allora,
nell’ assenza dei re, comandava le truppe asse-
Dkiiti? -;d by Google