Page 372 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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362 LEZTONB VENTIDITESIMA.
blico, era giustamente screditata. I sofisti sunnominati si van-
tavano di possedere' tutta quanta la scienza umana cosi fisica
che morale. Nei teatri, allo feste, ai giochi pubblici, in tutte
insomma le radunanze, si presentavano e chiedevano dei temi
da trattare; e per quanto fossero paradossali, gli sostenevano li
.su due piedi, colla sottigliezza degli argomenti , coll’ orpello della
parola, con tutto lo sforzo d’urja falsa eloquenza. Ei;a per loro
lo .stesso r improvvisare un discorso politico o una dissertazione
grammaticale; un’orazione funebre o l’elogio della febbre; la
difesa della mosca, della cimice, o quella di un innocente tra-
dotto ingiustamente dinanzi al tribunale. Cosi non c’era per loro
né virtù né vizio, nè verità né errore, né giustizia nè ingiusti-
zia. Uno scetticismo assoluto era il fondo della sofistica; l’as-
senso degli uditori era l’unico scopo dei sofisti, pei quali tutti i
mezzi eran boni, pur di raggiungerlo. Quest’abilità di far pas-
sare il bianco per nero e viceversa, questa destrezza peculiare
di duellare coll’arme della parola, e’ l’ insegnavano a chiunque
fosse ricco abbastanza per comprarla. In questo modo, colla
molla fama s’ acquistavano molto guadagno perchè i discepoli
,
gli afiluivano in copia. Né poteva essere altrimenti in una città
dove l’arte della parola era il più gran mezzo di segnalarsi, dove
l’eloquenza era al tempo stesso una spada per offendere e uno
scudo per difendersi, dove ogni cittadino era membro della pub-
blica assemblea e patrocinava la propria causa dinanzi al giuri
popolare. Ma intanto la gioventù s’ avvezzava a essere indiffe-
rente su tutto, e s’imbeveva del dubbio, cosa mortale quando il
dubbio non è il principio della sapienza. Quali ne fossero i tristi
effetti , sen’ ha il più illustre esempio in. Alcibiade : sofista poli-
tico che sulla medesima cosa oggi diceva si, domani no ; che
ora era tutto per Atene, ora tutto per Sparta; poi con Argo,„
dopo con Tisaferne.
Contro questa peste si sforzarono di fare argine due grandi
ingegni, ma tanto diversi 1’ uno dall’ altro , Aristofane e Socrate-
Questo però combattè i sofisti perché insegnavano cose cattive
;
quello perché insegnavano cose nuove: Socrate in nome dell’av-
venire, Aristofane in nome del passato. Per poter meglio riuscire
nella guerra che faceva ai sofisti, Socrate rivestiva d’ un’ ap-
si
parenza sofistica : per cui lo credevano molti un sofista anche
lui. Così lo credè Aristofane. Lo considerò anzi come il capo di