Page 72 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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62 LEZIONE QUARTA.
Greci poi modificarono o mutarono a loro modo. Comunque si
voglia pensare, noi non insistiamo di più, né intendiamo nem-
meno (l’occuparci della questione sulla parte avuta dai Greci, e
sulla parte avuta dagli stranieri nella (iprmazioue della religione
(li quelli. Veniamo dunque senz’altro a esporre succintamente la
« religione medesima, come la troviamo in Omero od Hsiodo, i
quali, per averla in certo modo fissata nell’ ojiere loro, no furon
(letti creatori. ‘
La religione dei Greci ci si rivela come un politeismo
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come un culto prestato alla natura variamente personificata, e le
sue divinità rappresentano delle parti del mondo visibile o an-
che delle nozioni astratte. Giove rappresentava la luce, lo spiri-
to, ciò che sta sopra alla terra e abita il cielo ; Saturno o Crono,
era la personificazione del tempo, come quella del cielo era Ura-
no; 0 s’adorava il mare in Nettuno, il foco in Vulcano, la terra
in Cerere, il sole in Apollo, la luna in Diana, la bellezza in Ve-
nere, la sapienza in Minerva, e via discorrendo. Con tutto ciò,
r alterato antico monoU'ismo si mostrava tuttora in una certa
gerarchia esistente fra quelle tante divinità, le quali si distin-
guevano in vari ordini, e tutte eran soggette all’autorità supre-
ma (li Giove. Questo dunque era il signore dell’ universo che
scoteva a sua voglia coll’ agitar della testa o col .solo mover del
(figlio, e gli era noto il passalo, il presente e il futuro. Abitava
l’eccelso Olimpo, e intorno a lui si raccoglievano, come sua fa-
miglia, r altre divinità. Ancoridié queste, nell’ adunanze, si col-
legassero tutt’ insieme nell’ intenzione di opporsi al volere di lui,
non riuscivano a nulla, nè eran capaci nemmeno di turbarci’ in-
terna calma e serenità dell’ animo suo. Da es.so, che nell’ aurea
bilancia pesava i destini delle nazioni e degli uomini, derivavano
a questi i beni e i mali secondo l’ opere loro. Ma che dico da
CS.SO ? Anche lui aveva un’ altra potenza al di sopra di sé ; ’ po-
tenza eterna, impenetrabile, cieca, chiamata il sommo Fato, o
( Erod. li, 53.
* Basterebbero a mostrarlo questi soli versi, da’ quali apparisce che Giove
non ha il potere di salvar la vita a uo suo dilettissimo!
.... toMo di pleUtto il Iglio
D«U’ailutu Stlorn», io questi delti
A Giuouo si rivolse: Ohiuie, dilette
Sorelle e spose! Sarpedoo, cirsio n’afgio
D«' iDortali >1 più cero, è sacro t morte
fel ferro di Paliùdu. lUadà, XYL
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