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molto diversa dal precedente: non fatevi ingannare, e osservate i valori assoluti
               dell’indice sulla sinistra del grafico!). Anzi, in alcuni casi la disparità si è persino
               ridotta, e sappiamo che i PIL pro capite sono notevolmente cresciuti almeno fino al
               2008 (Pil  pro capite significativamente aumentato + indice di Gini costante o  in
               discesa, o persino in lieve aumento = maggiore benessere per una quota più ampia
               della popolazione).
               La conclusione quindi che il modello sociale nel quale viviamo sia sbagliato, iniquo e
               drammaticamente peggiore, per coloro che ci vivono, del passato è quindi, almeno dal
               punto di vista del reddito e della sua distribuzione, falsa.
               Tuttavia, che qualcosa non stia andando per il verso giusto appare probabile:
               la concentrazione di picco della ricchezza (e non la sua distribuzione) sia su individui
               che in concentrazioni societarie pone dei problemi nuovi e difficili da gestire, specie
               in un contesto economico dove la manovra speculativa appare essere predominante di
               gran lunga sull’impegno industriale (è difficile sostenere che le operazioni puramente
               finanziarie portino, anche come effetto collaterale, a distribuzione del reddito);
               le tensioni sociali nelle democrazie occidentali, che sono per la prima volte da due
               secoli di fronte alla prospettiva  di diventare statiche, e non più in  permanente
               espansione, sembrano indirizzate nella direzione sbagliata, che promette l’acuirsi
               violento e distruttivo dei problemi, e non il lavorare per una possibile mitigazione;
               la pressione demografica,  associata  ai problemi  ambientali  causati anche dal
               giustificato desiderio  di migliorare le proprie condizioni di vita degli abitanti  dei
               paesi in via di sviluppo  pone delle sfide  culturali radicalmente nuove  al genere
               umano: per la prima volta è di fronte alla possibilità di dover agire all’interno di un
               sistema limitato in spazi e risorse, mentre  è stato selezionato, darwiniananamente,
               all’interno  di un sistema (per le necessità  dell’epoca) a tutti gli effetti aperto e a
               risorse illimitate;
               esistono indizi che la globalizzazione, che ha portato anche ad un miglioramento del
               reddito nelle popolazioni dei paesi in via di sviluppo, sia correlata alla concentrazione
               di ricchezza e  della  finanziarizzazione della stessa,  direttamente determinando  il
               maggiore squilibrio nella distribuzione del reddito in paesi come US, UK, Cina.;
               è possibile che stiamo vivendo un temporaneo e forte momento di disequilibrio nella
               evoluzione  del sistema causato proprio dalla improvvisa  globalizzazione, e  non sia
               possibile  prevedere quale tipo  di andamento si stabilizzerà una volta ristabilite
               condizioni meno turbolente.
               Parlando del mondo come un sistema fisico estremamente complesso, che include le
               conseguenze delle azioni dettate dalle componenti culturali umane, è difficile pensare
               che i suoi gradi di libertà (la flessibilità, che il sistema ha di adattarsi per sostenere al
               meglio la nostra vita, ovunque abitiamo e in qualunque condizione economica) non
               stiano radicalmente diminuendo.
               I fautori delle “rivoluzioni” che “azzerino” il sistema,  porterebbero letteralmente,
               alla morte o al radicale impoverimento miliardi di persone sono da considerarsi dei
               pericolosissimi  irresponsabili,  spalleggiati  da  mezzi  di  comunicazione  e  da  poteri
               forti, la cui capacità di informare le genti su temi complessi è volutamente nulla.
               Le presumibili modifiche al sistema corrente, necessarie e delicate, vanno contro tutto
               ciò che  percepiamo come  “aver funzionato”  nella  nostra storia per  migliorare le
               nostre condizioni di vita, anzi, per averci letteralmente consentito di vivere. La sfida



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