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Sembrava che non volessero aprire la gabbia ai poveri uccelli
          spennati. Noi ci affacciammo timidamente, coprendoci gli oc-
          chi con le mani perche il sole ci abbagliava... e poi sentimmo

          un ordine secco: “Scendete... allineatevi cinque per cinque...
          avanti march”.

           Erano li’ i nostri mastini, con il mítra in posizione orizzon-
          tale,  ed  il  dito  sul  grilletto.  Da  quattordici  mesi  ci  pesta-
          vano... !

          Attraversammo ì binari, entrammo in un baraccone enorme, ci
          misero piu’ o meno in ordine e poi... o che scena bellissima!
          Che non potro’ mai dimenticare! Se ne andarono! Tutti... pro-

          prio tutti gli aguzzini rossi! Non si voltarono indietro! Non li
          abbiamo rivisti piu'. ERAVAMO LIBERI!.
          Ci guardammo in faccia come per dirci: “ma e’ vero? Proprio

          vero?”. Scoppiammo in un grido di gioia e ci abbracciammo
          tra  le  lacrime.  La  polizia  militare  degli  alleati  si  uni’  alla
          nostra gioia e ci aiuto’ a metterci su di giri.

          Ci fu detto  che saremmo restati  a Francoforte per due o tre
          giorni.  Potevamo  uscire  dala  stazione  come  e  quando  vole-
          vamo,  ma  la  notte  dovevamo  passarla  nella  tradotta  Ameri-
          cana,  carri  bestiame  ma  con  meno  persone  per  vagone..  Si
          stava meglio, ci diedero delle coperte. Il freddo mordeva. Ri-

          partimmo verso la sera del terzo giorno e fu bello notare che
          le  tradotte  americane  erano  piu’  veloci.  Alle  fermate  pote-
          vamo  lasciare  I  vagoni,  ma  dovevamo  essere  sempre  pronti
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