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monio Calo’?”.
          Francesco  Maida,  della  fanteria,  nato  un  anno  prima  di  me,

          comincio’ a svanire nel suo modo di pensare e parlare. Fame,
          stanchezza,  sporcizia,  crudelta’  tra  noi  prigionieri,  bestam-
          miacce e abusi dei piu’ deboli in quelle gabbiacce di ferro per
          tanti e tanti giorni, non erano una medicina e molti svanirono
          di  mente.  Un  brutto  giorno,  mentre  il  treno  si  muoveva,  gli
          sportelloni erano ancora aperti, Francesco casco’ tra le rotnie.

          Tagliato  in  due.  Accorsi,  lo  tirai  su  ricordandomi  della  sua
          richiesta: “Calo’ va dalla mia famiglia ... Calo, ... !” Ci sono
          andato. E’ stata la commissione piu’ triste della mia vita!

          Ed  il  caro  artigliere  Re  Gaetano,della  provincia  di  Catania?
          Per lui ci fu una sola pallottola alla testa. Aveva sempre fame,
          tutti avevamo fame, ma lui piu’ di tutti ed avrebbe mangiato
          tutto in ogni momento della giornata. Mi impressionava e mi
          faceva  ridere  quando,  battendosi  lo  stomaco,  che  una  volta

          doveva avere proporzioni piu’ rispettabili, mi diceva: “Calo’
          cinque polli non basteranno per rimettere in ordine questo pol-
          laio vuoto”. Lui sarebbe arrivato sicuramente a casa, ma dis-
          grazia! In una sosta il nostro vagone si fermo’ quasi di fronte
          ad un vagone aperto, nella linea opposta. C’era la razone di
          pane per tutti gli ingabbiati.

          Fu  una  tentazione  troppo  grande  per  Gaetano,  molto  piu’
          grande  di  quella  della  nostra  madre  Eva.  Salto’  dal  carroz-

          zone, non facemmo in tempo a fermarlo, e corse, corse. Una
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