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“Se mi aspetta ancora! Se non ha perduto la testa ed il resto
          con qualche marinaio Americano”.

          “Girati un po’ Calo’, fammi vedere quanti fulmini si scagliano
          dalla tua perfetta persona”.

          “A me non mi aspetta nessuna fidanzata!”.
          “E gia’, l'hai lasciata in Russia, la tua Natascia. Ti ha dato l'in-

          dirizzo?”.

           “Che le vuoi scrivere?” .
          “In napoletano, il russo non l'ho mai capito bene”.

          “Tu  sei  andato  ad  impararlo  a  Mosca  intervenne  il  paesano

          Giuseppe”.
          “Genna’ ci hai riempito la testa con la tua fidanzata”.

          “Quando arriviamo a Napoli, ce la fai vedere?” “Vederla sol-

          tanto... e da lontano... Giuse’ e’ una rosa, si ammira e non si
          tocca”.

          Eravamo  alla  stazione:  entrava  una  lunga  tradotta  diretta  al
          Sud. Tanti dovevamo scendere tanti salire. La confusione che
          c’era in simili circostanze era interessantissima e spettacolare.
          La polizia militare cercava di mettere un po’ di ordine, ma poi
          chiudeva tutti e due gli occhi  e ognuno si arrangiava. Noi en-
          trammo  per  il  finestrino.  Non  erano  carri  bestiame,  ma  veri

          vagoni di terza classe, con il lusso di sedili. Fu una conquista,
          trovammo posto a sedere.
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