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ata alla lunga gonnella nera, che era diventata rossa.
          “Mettiti il cappello, fa’ freddo... potresti prendere un raffred-

          dore  …”  mi  disse  facendosi  il  segno  della  croce    sempre
          rivolta al Tabernacolo. Ci raggiunse papa’ e tra i due miei cari
          Angeli custodi  ritornammo a casa... tra due ali di folla che
          non si stancavano di ammirare il morto risuscitato!

          Trovammo folla di matrimoni grandi! Il primo a corrermi in-
          contro fu il maestro Vitanza. Mi abbraccio’ e mi domando’ se
          tra ì ricordi di casa avevo ancora la divisa di balilla. Ridemmo
          ricordando  il  passato  roseo  della  gioventu’!  “Calogero...  ed

          amici  tutti,  il  pranzo  e’  pronto...  buon  appetito  a  tutti!  Ar-
          ciprete  dia  la  benedizione”.  Era  papa’  che  nei  momenti  so-
          lenni godeva di essere il capo in testa. Mamma era scomparsa
          in cucina a dirigere la batteria per il pranzo di ritorno per il
          suo Calogero pianto morto per tanti mesi.

          Gìoia  senza  misura,  cibi  ottimi,  vino  buono  e  tanto  affetto,
          dopo tanto odio!

          I  figli  di  mio  fratello  Antonio,  della  cara  Ninetta,  con  altri
          della  parentela,  mi  giravano  attorno,  mi  toccavano,  si  veni-

          vano a sedere sulle mie ginocchia. Volevano baciare zio Ca-
          logero... ed uno mi disse: “Zio, mamma mi ha detto che tu hai
          una bella voce... canta Faccetta Nera”.

          “Bambìni  scendete giu’... non pestate Calogero…”. Mamma
          aveva paura per me!
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