Page 325 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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              SPEDIZIONE DI  SICII.IA.  345
     il principio della medesima. Gli era Alcibiade, figliolo di Clinia,
     a cui se ne trova pochi da mettergli a paro per lo strano miscu-
     glio di bene e di male, di virtù e- di vizi clic manifestava nella
     sua condotta. Discendendo per parte di padre da Aiace, e per
     parte <li madre dalla famiglia degli Almeonidi, apparteneva alla
     più alta nobiltà  d’ Atene  ; eppure  si fece democratico ardente.
     Prode guerriero, talmente che alla battaglia di Potidea aveva ri-
     portato  il premio  del  valore e  .s” era molto  distinto anche in
     quella di Delio  : eppure era  il giovane più dissoluto ed effemi-
     nato d’ Atene. Tollerante delle fatiche e dei patimenti, e indu-
     rito  di corpo  più  di qualunque spartano  ; e al tempo stesso,
     appassionato pel lusso asiatico, e acconciato all’uso dei satrapi.
     Ora pendeva attento dalla bocca di Socrate per attingerne  i pre-
     cetti  d’ un’ austera  filosofia;  ora, insieme  co’ suoi compagni,
     s’abbandonava ai viri più turpi. Insomma  si trovava in lui le
     più opposte  passioni  sviluppate  fino  all’eccesso:  aveva due
     caratteri, eran due uomini  in una  stessa  jiersona, e ora  si
     mostrava quello, ora questo, secondo  i luoghi e  le circostanze;
     giacché era straordinaria la sua pieghevolezza di spirito, e per-
     fetta la sua altitudine ad accomodarsi a persone, bisogni, abi-
     tudini affatto diverse.
        Di questa sua strana natura  e’ ne détte segni  fin dall’ in-
     fanzia. Mentre una volta  .stava giocando  ai dadi con de’ suoi
     compagni in una via  stretta,  s’ avvicinò un carro che doveva
      passar di  li. Alcibiade, volto  al carrettiere,  gli chiese che  si
     trattenesse un momento per lasciare finir la partita. Quello, senza
     badargli nemmeno, tira innanzi col suo carro. Gli altri fanciulli
     allora  si tirano in disparte; ma Alcibiade si sdraia attraverso la
     .strada gridando al carrettiere: « Passa ora, passa pure se vuoi. »
     Un’ altra volta, lottando con un suo compagno  , ed essendo li li
     per soccombere , se ne liberò col dargli un morso in un braccio.
     L’avversario indignato gridò: « Tu mordi come una femmina. » —
     « No, » rispose Alcibiade, « di’ piuttosto come un leone. »*
        Ecco degli altri fatti consimili, ma commcs.si in età mag-
     giore. Un giorno, non per collera che avesse con lui ma per
     semplice scherzo, Alcibiade scommesse co’ suoi compagni che
     avrebbe dato pubblicamente un pugno a Ipponico, uno dei più
     stimati e amati cittadini d’Atene. E glielo détte infatti in mezzo
        < Fiat, , ^/IriA/We, 3.
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