Page 348 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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333      LEZIONE VENTUNESIMA.
        promessa e vendicarsi al tempo stesso d’ Atene, eccitò gli Spar-
        tani, come s’è visto, alla spedizione di Sicilia; e contempora-
        neamente gli eccitò a invadere  1 Attica e occuparne Decelia.
                      ’
           Quando dunque fini la guerra di Sicilia, la città 'di Decelia
        era già in potere dei Lacedemoni e  1 ’ avevan forlificata. Gli Ate-
        niesi si trovavano nel loro paese a jieggio condizione che in ogni
        altro tempo della guerra iwloponnesiaca. Nelle precedenti inva-
        sioni i loro nemici devastavano  jier un poco l’Attica, e si riti-
        ravano: ma ora |K)ssedevano un luogo da starci continuamente,
        di dove Agide, re di Sparta, andava a portar guasto nei paesi
        circostanti. Tutto  il bestiame era caduto in preda del nemico;
        j)iò di 20,000 servi, la più parte manifattori, erano disertati. Né
        a questo solo  si limitava  il danno d' Atene. In passato» tutti  i
        viveri che esportava dall’Eubea, gli faceva venire perverrà pas-
        sando per Decelia  ;  ora  si  trovava costretta a farli venir per
        mare, girando  il capo Sunio, con assai meno sollecitudine e
        s|>esa maggiore. La [loca distanza poi da Decelia ad Atene co-
        stringeva questa a stare in uno stato continuo di  difesa a tras-
        formarsi in una grande fortezza. Tutti  i cittadini dovevano giorno
        e notte montar sentinella, chi sulle mura, chi  ai corpi di guar-
        dia. E quelle cose succodentisi nel loro proprio territorio, unite
        alla spedizione di Sicilia, avevan disordinato le loro finanze: per
        cui gli era stato necessario di tassare  i loro sudditi della vente-
        •sima parte delle merci introdotte per mare.
           Ci  s’ immagini dunque  la profonda impressione prodotta
        nella  città dalla notizia del  disastro di Sicilia,  raillizione, lo
        sbigottimento,  il terrore che occupò l’animo di  tutti. Non solo
        l’impero d’ Atene ora apparentemente  jierso, ma Atene stessa
        pareva sprovvista affatto di difesa.  Il suo tesoro era e.sausto, nei
        suoi arsenali non c’era che poche navi,  il fiore de’ .suoi opliti e
        marinai era perito in Sicilia, la sua riputazione marittima era
        caduta. Non potevano forse  i suoi nemici di Sicilia, entusiasmati
        pel recente trionfo, prendere alla loro volta  1 ’ offensiva, o com-
        parire di momento in momento con una fiotta in vista al Pireo?
        e quanta più baldanza, quante  j)iù forze non avrebbero allora
        anche  i suoi nemici di Grecia ? Quando una disgrazia è troppo
        forte, da principio non si vuol credere. E cosi fecero gli Ateniesi
                                   :
        venuta fwi la conferma, se la presero vivamente con chi aveva
        consigliato la spedizione, con chi ci aveva contribuito per qua-
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