Page 345 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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SPEDIZIONE DI SICILIA.  335
     a  trovar modo  di salvezza. Era tale insomma  il loro  sbigot-
     timento che non  si dettero punta cura di  raccogliere  i corpi
     galleggianti, e chiedere la solita tregua per sotterrarli.
       L’ ardito DemosUme facendo osservare a Nicia che gH ri-
     manevano ancora 00 navi, mentre quelle dei Siracusani non ar-
     rivavano a 30, proponeva di ritentare, alla nova aurora, la par-
     tenza per mare. Nicia approvò; ma  i marinai, che mancavano
     oramai di qualunque sjieraiiza di  \ incere, ricusarono assoluta-  .
     mente d’imbarcarsi. Uno solo era  il desiderio di tutti, di far la
     ritirata  jier terra. E que.sta fu stabilita jK'r la prossima notte.
        11 siracusano Ermocrate, venuto in sospetto di questa loro
     intenzione, esortò Gilippo a prevenirli, mandando delle truppe
     a occupare tutti  i passi, tutte le strade,  tutti  i guadi dei fiumi
     pei quali  i fuggitivi avrebbero potuto pa.s.sare. Il suo consiglio fu
     trovato savio  : ma  i soldati e  i cittadini  tutti erano cosi ebbri
     jxir  la  vittoria rijxirtata, che non  si sarebbero voluti movere
     senza prima goderne; tanto più che o.ssendo quel giorno sacro a
     Ercole, s’ erano subito dati a festeggiarlo con una gioia indici-
     bile. Allora Ermocrate pensò di  far  differire la partenza degli
     Ateniesi. A questo scopo mandò  al  loro campo  alcuni che,
     fingendosi amici, dissuadessero  i generali dal partir nella notte,
     facendogli credere che  i Siracusani guardavano le strade.  I ge-
     nerali lo crederono  ; e giacché non partivano più la notte stabi-
     lita, pensarono d’aspettar due giorni per dar più tempo di pre-
     pararsi ai .soldati. Cosi anche Gilippo ebbe  il tempo d’ appostar
     le sue truppe dove voleva.
        Tre giorni dopo la battaglia navale  gli Ateniesi o  i loro
     alleati si messcro in marcia  : moltitudine non minore di 40,000
     persone, divise in due corpi, che l’uno era comandato da Nicia
     e l’altro da Demostene. Era uno strazio all’animo di tutti il do-
     ver lasciare insi'polti  i loro commilitoni, il dovere abbandonare
     i loro malati o  feriti. Questi pregavano, scongiuravano d’ esser
     portati via  , s’ attaccavano alle vesti di quelli che partivano, gli
     seguitavano finché gli bastava le forzo  ; e se a qualcuno mancava
     la lena,  e’ si lasciava cadere mandando gemili e imprecazioni.
     Nicia c Demostene col contegno o colle parole s’ adoperavano in-
     cessantemente a consolare  i soldati, a rimettere un po’ di fiducia
    ' negli animi loro. Marciarono per sei giorni continuamente inse-
     guiti e molestati dai nemici.  Il settimo giorno, Demostene, che
                               JDigiii-'**'' by Ctcìoglc
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