Page 422 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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412  ‘  '  LEZio>E ventiquatthesima.
       termine del suo comando, e  il bisogno di rinnovare con qualche
       bel fatto campale  lo splendore delle armi tebane un poco offu-
       scato, indussero Epaminonda a ritornar nell’ Arcadia. L’armata
       nemica  forte  di 20,000 pedoni e 2000  cavalli, tenne  dietro a
       quella di lui che aveva 30,000 dei primi e 3000 dei secondi. Ar-
       rivato nei dintorni di Mantinea, mette in un momento  i suoi in
       ordine di battaglia, dispone in massa serrata le truppe migliori,
       e alla testa di queste si scaglia inaspettatamente sopra  i nemici.
       Questi dapprima rimangono sconcertati, ma poi oppongono una
       resistenza accanita. Dopo una lotta sanguinosa, riusci a Epami-
       nonda di rompere la  linea nemica  ; e combàtteva eroicamente,
       quando ricevè nel petto un colpo mortale.  1 Tebani lo libera-
       rono con grandi sforzi dal nemico, e lo portarono nella sua ten-
       da.  Il ferro  del  giavellotto era rimasto nella ferita, e  i medici
       dichiararono eh’ e’ morirebbe, appena levato quel ferro^ Allora
       Epaminonda domandò se  il suo scudo era salvo, e di chi fosse
       stata la vittoria  ; e mostratogli lo scudo, e dettogli che avevan
       vinto  i Tebani; « Dunque, » esclamò « ora posso morire; » e or-
       dinò che tirassero fuori  il ferro dalla ferita. Sentendo uno de’suoi
       amici lamentare  eh’ e’ morisse  senza  lasciar  prole, « No dav-
       » vero, » dis.se lui  :  « io lascio due figliolo, la vittoria di Leuttra
       » e quella di Mantinea. »  ' Gli fu allora cavalo  il ferro, e subito
       dopo spirò.
          La gloria della giornata apparteneva realmente a Epami-’
       nonda e ai Tebani ma siccome i vinti non furono inseguiti, sic-
               :
       come la cavalleria ateniese aveva tagliato a pozzi un corpo di
       truppe leggiere che s’era distaccato dagli altri, perciò pretende-
       vano d’aver riportato loro  la vittoria. Furono dunque alzati  i
       trofei da tuli’ e due le parti. Ma  i Tebani eran padroni del campo
       di battaglia: per cui  i Lacedemoni, dopo qualche esitazione, do-
       verono mandare un araldo a chieder la tregua per dar sepoltura
       agli uccisi  ; e questa era la confessione della disfatta.
         La battaglia di Mantinea abbatté completamente la potenza
       di Sparta, senza punto assodare quella di Tebe. Quindi, l’anno se-
       guente, si trovaron tutti d’ accordo a firmare una pace che assicu-
       rava l’indipendenza di Messene e degli altri stali del Peloponneso.
          * Diod. XV
            ,  , 87.
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