Page 105 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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            Continuazione:  la  trasposizione.  Per  colui  il  cui  grado  di
            contemplazione  (ma  a )  è  di  non  avere  potere  ( u  a ,  come  coloro
            che sono simili a noi, o che sostiene che il potere contingente (ḥā i a
            non ha ef etto nel far esistere l’oggetto del potere ed il cui grado di
            contemplazione è che il digiuno appartiene ad Allah, decade il regime
            del recupero e del dar da mangiare. Allah ha detto: “Egli nutre e non
            è  nutrito”  (Cor.  VI-14),  ed  ha  detto,  confermando  la  veridicità  del
            Suo amico intimo [Abramo], “[Colui] che mi nutre” (Cor. XXVI-79),
            confermando ciò che diceva e non refutandolo. Il dar da mangiare è
            un sostituto per un obbligo che egli è capace di osservare; se non c’è
            obbligo non c’è sostituzione, quindi non c’è da nutrire.

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            La recitazione permanente ( i    ) ( ) del possessore di questa stazione
            spirituale è: “Non c’è forza se non per Allah”. [618] Egli non ha accesso
            a “è a Te che noi chiediamo aiuto” (Cor. I-5), né alla “ ū ” di “ a  alu
            (noi facciamo)”, né alla “ali ” di “a  alu (io faccio)”. Di queste quattro
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            lettere servili ( a ā i ) ( ) egli possiede la “tā ” con i punti diacritici in
            alto di “ta  alu (tu fai)” per il pronome di seconda persona, e la “yā ” con
            i punti diacritici in basso di “ya  alu (egli fa)” per il pronome di terza
            persona. Sappi ciò! La riuscita è per Allah.











            116 Il termine  i     o  a    viene impiegato da Ibn ʿArabī per indicare “lo  ik  da cui il
            servitore è inseparabile, quale che esso sia, ed ogni  ik  ha un ef  cacia che non appartie-
            ne ad un altro  ik ” [Cap. 464 (IV 88.31)]. Nel Cap. 490 [IV 127.25] egli precisa anche
            che: “non c’è prof tto nello  i     se il suo possessore non ottiene un’apertura spirituale
            (  atḥ), e se vedi qualcuno praticare uno  i     senza ottenere un’apertura, sappi che il
            suo  i     è recitato con la lingua della sua esteriorità senza che ad esso corrisponda una
            recitazione della lingua della sua interiorità”.
            117 Le lettere servili sono consonanti che vengono aggiunte alle lettere della radice di
            un nome o di un verbo per inf etterne il signif cato principale; esse sono otto e sono
            costituite dalle lettere che compongono la frase mnemonica “a ta  ū ā (tu sei Mosé)”.
            Le quattro lettere qui citate da Ibn ʿArabī sono quelle che vengono rispettivamente pre-
            messe alla radice verbale per indicare l’agente come prima persona plurale e singolare,
            come seconda persona e come terza persona.
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