Page 107 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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106                                         al-Futūḥāt al-makkiyya

            Se egli la af ranca dalla schiavitù in modo incondizionato, pone se stesso
            in uno stato in cui il Vero è la sua essenza (ʿay ) [o: lui stesso] nelle sue
            facoltà e membra per mezzo delle quali egli è distinto [in quanto uomo]
            dalle altre specie nella forma e nella def nizione. Quando è in questo
            stato e questo è il suo attributo caratteristico ( a t), allora egli è signore
            ( ayyi ) e la sua servitù lo abbandona in modo incondizionato perché
            qui la servitù se ne è andata, in quanto la cosa non può appartenere
            a se stessa: essa è essa ( u a  u a) ( ). Abū Yazīd realizzando questa
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            stazione recitò in modo allusivo: “Io sono Allah, non c’è altro Dio al
            di fuori di Me, quindi adorateMi” ( ); questo è quanto Allah rivelò a
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            Mosé [cfr. Cor. XX-12] ed è un discorso rivolto a tutte le creature.
            Quanto al caso in cui il servitore è [af rancato in modo] condizionato,
            si  tratta  del  fatto  che  egli  af ranca  se  stesso  dal  vincolo  dell’essere
            contingente (ka  ), così che egli è libero dall’altro, ma è servitore di
            Allah. Non è possibile che la nostra servitù nei confronti di Allah venga
            rimossa e che si diventi liberi, poiché si tratta di un attributo essenziale
            [per il servitore]: non è possibile per noi essere af rancati da essa in
            questo stato, non nel primo stato. Egli ha richiamato l’attenzione su
            quello con il Suo detto, l’Altissimo: “Dì:  lla umma, Padrone del Regno
            ( ālik al-mulk)” (Cor. III-26), e lo ha chiamato Regno per rendere valido
            per Lui il Nome di Padrone; non ha detto: “Padrone del Mondo (ʿālam)”.
            Egli ha anche detto, nel linguaggio dell’allusione e della realizzazione
            (taḥ   ): “Dì: mi rifugio nel Signore degli uomini, il Re degli uomini”
            (Cor. CXIV-1 e 2). Sotto il prof lo della realizzazione, poiché Egli li ha
            chiamati uomini ( ā ) e non li ha chiamati con un nome che avrebbe
            comportato che essi fossero veramente (ḥa  a ), ha correlato Se stesso
            a loro per mezzo del Nome “il Re”. Sotto il prof lo dell’allusione, [il
            nome “uomini ( ā )”] è un participio attivo derivato da “dimenticanza
            ( i yā )” e reso determinato dall’articolo al, perché egli ha dimenticato
            che Il Vero è il suo udito, la sua vista e tutte le sue facoltà, nello stato (ḥāl)
            in cui egli è tutto luce.


            121 In arabo il termine “cosa” è di genere maschile, e l’espressione che ho dovuto tra-
            durre “essa è essa” potrebbe anche leggersi “Lui è Lui”.
            122 Rūzbiḥān al-Baqlī aš-Šīrāzī ha riportato la seguente frase di Abū Yazīd: “Il mio
            “Io sono (a ā)” non è “io sono”, poiché io sono Lui (a ā  u a) ed io sono “Lui è Lui (a ā
             u a  u a)””. Citato da Carl W. Ernst in “            ta y i   u  m”, SUNY Press, 1985,
            pag.26.
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