Page 51 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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50 al-Futūḥāt al-makkiyya
Quanto al limite dei trenta in quello, esso è il numero delle [28] mansioni
lunari (ma ā il) ( ) e dei due astri che le percorrono (an- ā ilā ) senza
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moti retrogradi [apparenti], cioè il Sole, che è assimilato allo spirito
per mezzo di cui si manifesta ai sensi la vita dei corpi, e la Luna, che
è assimilata all’anima per l’esistenza della crescita e della diminuzione
e della perfezione nella crescita [Luna piena] e nella diminuzione
[Luna nuova]. Le mansioni sono le misure del tragitto che percorrono
normalmente [gli astri] che abbiamo menzionato. Per mezzo del
mese si manifestano quindi i numeri semplici e quelli composti con
la congiunzione, dal ventuno al ventinove, e senza la congiunzione,
dall’undici al diciannove ( ). L’esistenza della singolarità ( a iyya ( ) è
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contenuta nei numeri semplici, cioè il tre, e nelle decine, cioè il trenta;
poi il dispari è ripetuto per la perfezione del ternario da cui è prodotto in
tre posti: il tre nei numeri semplici, il tredici nei numeri composti senza
congiunzione ed il ventitre nei numeri composti con la congiunzione.
Tutte le classi dei numeri sono così contenute.
Noi vediamo che quando c’è lo spirito [a cui corrisponde il Sole] c’è la
vita, e non c’è diminuzione né aumento, e l’anima [a cui corrisponde la
Luna] non ha una essenza esistente che abbia un potere (ḥukm), come la
morte del feto nel grembo della madre – e lo spirito è già stato insuf ato
in esso – o al momento della sua nascita. Per questo si trova il mese a
partire da 29 giorni.
39 Ibn ʿArabī, oltre al mese lunare convenzionale di 29 o 30 giorni, riconosce anche
un mese lunare di Allah, di 28 giorni [Cap. 390 (III 548.27)], che corrisponde non
all’intervallo tra due congiunzioni con il Sole ma alla durata del percorso dello Zodia-
co. Questo mese si discosta di poco dal periodo siderale della Luna, che è di 27 giorni
e circa 8 ore, che corrisponde all’intervallo tra due passaggi della Luna nel cielo nella
medesima posizione rispetto alle stelle.
40 È necessario ricordare che l’introduzione delle cifre che noi chiamiamo “arabe”, e
che in realtà sono “indiane”, è successiva all’Islām. All’epoca del Profeta non si usavano
cifre diverse dalle lettere dell’alfabeto e nei testi i numeri erano indicati solo con il loro
nome, uso a cui si attiene ancora Ibn ʿArabī nelle sue opere. Il nome del numero può
essere semplice, cioè costituito da un solo termine, oppure composto, cioè costituito da
due o più termini, come ad esempio “sedici”, che in italiano è una sola parola, mentre
in arabo è composta dal termine sei e dal termine dieci. A loro volta i nomi composti
possono comportare la congiunzione “ a”, cioè “e”, come il ventuno, che in arabo si
scrive “uno e venti”, oppure non comportarla, come l’undici, che in arabo si scrive
“uno dieci”.
41 Il termine “ a ”, da cui è derivato “ a iyya”, signif ca propriamente dispari, senza pari,
incomparabile, singolo. Il tre è tradizionalmente considerato il primo numero dispari.