Page 10 - Bollettino I Semestre 2019
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coinvolte e così di attendere a tempo indeterminato che il Comune fornisse soluzioni abitative
            alternative.


            1. La vicenda processuale riguarda il ricorso della s.r.l. Casa di Cura Valle Fiorita, proprietaria di
            un  fabbricato  di  circa  8.000  mq  in  Roma,  adibito  per  circa  quarant’anni  a  clinica  in  virtù  di
            convenzione con l’Ospedale pubblico S. Filippo Neri, occupato con la forza, quasi un anno dopo

            la cessazione dell’attività, da un centinaio di persone il 06/12/2012: le denunce della parte lesa
            al  Procuratore  della  Repubblica  si  susseguirono  finché  fu  accolta  la  sua  istanza  di  sequestro
            preventivo il 09/08/2013, risultando essere diretta la gestione dell’occupazione – riferita ad un
            movimento di lotta per la casa – da un gruppo di individui a scopo di lucro, implicante la modifica

            dei locali e l’installazione di inferriate ad impedirvi l’accesso, tanto da configurare il delitto p. e
            p. dall’art. 633 cod. pen. con pregiudizio rilevante per la parte lesa.

            Fu delegata la DIGOS, che a sua volta investì il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica

            presso la prefettura di Roma, solo dopo un anno presentando un rapporto che inserì la vicenda
            in quella di numerosi cosiddetti movimenti per la casa e che sottolineò la necessità di pianificare
            gli  sfratti  a  tutela  dell’ordine  pubblico  e  delle  esigenze  delle  persone  vulnerabili  coinvolte,

            soprassedendo all’esecuzione del sequestro in difetto delle soluzioni abitative alternative attese
            dal Comune di Roma; e il Prefetto, convenuto dinanzi al TAR e nuovamente compulsato, rispose
            che, in assenza di queste e per di più adducendo la carenza di un ordine di un tribunale, non
            avrebbe  eseguito  lo  sfratto,  mentre  alla  proprietaria  furono  notificate  pure  ingiunzioni  di

            pagamento di consumi di energia elettrica e di tributi per il periodo della patita occupazione.

            2. Il ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo prospetta la violazione degli artt. 6, § 1, della
            Convenzione  e  dell’art.  1  del  Protocollo  1,  per  la  mancata  esecuzione  del  provvedimento  di

            sequestro del 09/08/2012 ed il mancato rispetto delle sue proprietà derivante dalla protrazione
            della privazione illecita del possesso di quelle; e, tra le eccezioni preliminari, il Governo italiano
            addossa quella basata sul biennio atteso prima di adire il tribunale amministrativo e, comunque,

            invoca il d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, sulla tutela offerta ai proprietari dei beni occupati.

            3. La Corte europea esclude una negligenza della ricorrente nell’attivazione dei rimedi interni e
            la  sufficienza  del  rimedio  risarcitorio,  ribadendo  che  spetta  all’autorità  di  agire,  una  volta

            compulsata con l’adduzione della perpetrazione di un illecito; mentre sottolinea come il Governo
            italiano  non  abbia  indicato  come  la  nuova  normativa  del  2017  possa  offrire  una  effettiva  e
            concreta tutela dei diritti derivanti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli.


            Nel  merito,  è  ribadito  (richiamate  la  nota  pronuncia  Hornsby  c/  Grecia  del  19/03/1997  e  la
            giurisprudenza  successiva,  fino  a  29/11/2016,  Grande  Camera,  in  causa  Parrocchia  greco-
            cattolica  Lupeni  e  altri  c/  Romania)  che  il  diritto  all’esecuzione  di  una  decisione  giudiziaria

            costituisce uno degli aspetti del diritto di accesso a un tribunale, restando altrimenti illusorio il


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