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a dare aiuto. Ma che aiuto potevo dare? Il capo cannoniere
giaceva con la testa spaccata da una scheggia, uno degli Uffi-
ciali aveva un braccio spezzato e cercava di fermare il sangue
gridando aiuto. Michele, il mitragliere, si premeva if petto e
piangeva disperatamente. La mia compagnia quel giorno fu
decimata, e vi furono anche tanti feriti.
Dopo aver aiutato, come potevo i feriti, mi misi in cerca di un
caro amico, marinaio come.me, aggregato alla fanteria di
montagna come me, quasi della stessa eta’, che era piazzato a
circa cento metri da noi. Anche in quella piazzetta trovai feriti
e morti.
“Bartolo... Bartolo... sei vivo? dove stai?” Uno che era ancora
vivo mi fece un cenno con la mano... verso un mucchio di
sassi e terra. Andai, vidi una mano sopra terra, scavai, scavai,
con furia perche’ se vivo non morisse soffocato, ed arrivai alla
faccia. Un impiastro di polvere e sangue che sgorgava da una
ferita alla testa. “Bartolo, Bartolo... sei vivo?” Gli scossi la
faccia. “Bartolo mi senti? Sono Calogero!” Apri’ appena ap-
pena gli occhi e cerco’ di parlare. “Coraggio... coraggio ... ora
ti porteremo all'ospedale …”. Fece una smorfia dolorosa e
mormoro': “Dio... mamma ... Papa”...Calogero …”. Poi silen-
zio. Il silenzio della morte!
Ed arrivo’ il quindici Novembre. Una giornata che non di-
mentichero’, che non posso dimenticare. Erano stati settanta
giorni di assedio, senza rifornimenti, per cinquantadue giorni