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Terre Rugiani, dunque, esiste grazie ad Antonio Farinella?
Sì, Terre Rugiani esiste grazie a mio padre Antonio. C’è da dire che
i miei nonni avevano dei terreni predisposti all’olivicoltura. A
Roggiano ogni famiglia aveva una piccola economia agricola e
possedeva i propri terreni e non faceva eccezione la mia. Mio padre
ha iniziato ad “allargare” un po’ la cosa, anche grazie al suo primo
lavoro. Lui lavorava all’ispettorato agrario, quindi aveva anche delle
conoscenze tecniche. Tutto ha avuto inizio così.
C’è mai stato un clima di concorrenza con i competitor del
nostro territorio?
Un tempo, forse, un po’ di più. Adesso meno. Di meno perché si è
capito che è più conveniente essere colleghi piuttosto che
concorrenti. Oggi il concorrente è la Cina, non è più l’azienda
limitrofa. Solo se tutte le aziende del territorio lavorano in un’unica
direzione, si va lontano. Se invece si va l’uno contro l’altro, come ci
insegna la storia, non si va da nessuna parte.
Come ricorda i suoi primi anni lavorativi? Ci racconti qualche
aneddoto.
Tanti sacrifici. Anche se ammetto che c’è stato un notevole
miglioramento qualitativo del lavoro. Una volta nei frantoi si
facevano sforzi fisici disumani. Il lavoro era tutto manuale mentre al
giorno d’oggi è quasi tutto meccanizzato. Prima di questa piccola
“rivoluzione industriale” ricordo di aver spalato sansa a non finire,
per esempio. Vale come aneddoto?
Le nuove attrezzature tecnologiche sono dei robot, in un certo
senso. Il lavoro manuale è quasi totalmente scomparso per
favorire l’impiego questi “mostri” elettronici. Come
commentiamo questo cambiamento?
Sarà perché non c’è più la manodopera di prima. Le persone fanno
altri mestieri. Inoltre oggi che anche la raccolta delle olive è
meccanizzata, automaticamente l’affluenza presso il frantoio è
maggiore e bisogna ottimizzare i tempi. Fintanto che tutto il lavoro
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