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natamente,  non  occupate  molto  posto,  perche’  tutti  hanno
          diritto.a un posto”.

          Ci impaccarono con esattezza crudele, come si impaccano le
          sardine,  dentro  lo  stomaco  dí  quei  zatteroni.  Avevamo  un
          metro di spazio per uno, due botole aperte sulle nostra testa.
          Buio  pesto,  aria  pesantissima,  e  polvere  di  carbone  dapper-
          tutto. Uno degli ufficiali che divideva la nostra miseria grido':
          “Queste sono le barcacce di Caronte”.

          Non potevamo immaginare che quelle tane infernali sarebbero
          state le nostre case per un mese. Lo ricordo benissimo - par-

          timmo  il  21  Novembre  1944,  arrivammo  ad  Odessa  il  20
          Dicembre. Le marce forzate erano da preferirsi a questa nuova
          crocifissione.

          Scusatemi se scendo nei particolari, ma li ho incarnati nella
          mente, mi fanno sanguinare ancora. Un pasto al giorno, una
          brodaglia che nella oscurita’ non si poteva vedere, ed era me-
          glio.  Per  servizi  naturali?  Dovevamo  metterci  d'accordo  in
          dieci  o  dodici,  gridare  agli  aguzzini  che  si  stava  al  termine

          delle forze di continenza fisica; ci gettavano giu’ la scaletta,
          salivamo e tenendoci legati con le braccia in fila per non cad-
          ere dentro il  fiume si faceva quello che si poteva fare. Piu’ di
          uno, in questa operazione di scarico equilibrato, ando’ a finire
          dentro il fiume, facendo un bagno purificatore e liberatore di
          tante miserie umane. Gli aguzzini ridevano beatamente. Dopo

          tutto eravamo delle entita’senza  un volere nostro, ed anche
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