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da Patrovac i primi di Ottobre, e arrivammo a Calafat, sul Da-
          nubio verso la fine di Ottobre . In Quanti partimmo?  In quanti
          arrivammo? Silenzio!

          Avevamo  una  vaga  speranza  che  verso  gli  ammalati,  i  piu'
          anziani, i nostri aguzzini sarebbero stati meno crudeli dei pre-
          cedenti. Avevano camion, che seguivano la 1unga coda  delle
          anime e corpi che si contorcevano sotto lo strazio della croce,
          ma no... per loro non c’eraposto sui camion vuoti, c'era solo la

          pallottola  alla  nuca,  terribilmente  efficace  sparata  da  mo-
          schetti perfetti, e da mani meno esperte di quelle tedesche.

          Si arrivo’ a destinazione sul calare del giomo. Ci aspettava un
          campo di concentramento nuovissimo, con fili spinati confi-
          nanti con il cielo e con torrette zeppe di mitra trovammo qual-
          che cosa di fresco, di bello, di sano, di appetìtoso: un prato
          con erba altissima. Era quasi sera, si vedeva poco, ma la fame
          ci diede la luce per dare l'assalto a quel prato appetitoso! Lo

          credereste? Al sorgere del giorno si ebbe l'impressione che ci
          fosse passata la falce.

          Io avevo visto morire bestie nei prati per indigestione di erba
          e nonostante  I morsi crudeli della fame, cercai  di limitarmi.
          Ma non tutti si frenarono, e nella notte diversi si addormen-
          tarono  per  sempre!  Era  un  altro  modo  di  morire!  ne  cono-
          scevamo tanti!

          “Giuse'. .. Gennari'... ve la siete scampata?”.

          “Una diarrea senza nome.. ma siamo ancora vivi…”. “Siamo
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