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ingombranti!
          Ma il tormento dei tormenti furono i pidocchi. Erano stati fin

          dal principio della prigionia roditori molestissimi, insaziabili,
          giorno e notte;dappertutto,dalla testa ai piedi e nelle parti piu’
          delicate del corpo. Ma quando si era a terra, avevamo modo di
          far  giustizia  e  prendere  le  nostre  vendette  contro  di  loro.
          Facevamo  girare  i  nostri  indumenti  sul  fuoco,  scuotendoli,
          rivoltandoli;  che  gioia,  che  risate  quando  sentivamo  gli

          schioppettii e vedevamo la pioggerella dei grassi roditori tra
          le fiamme vendicatrici. Poi si stava meglio per ricominciare
          da capo! Ma nell'oscuro di quelle barcacce, senza uscire mai,
          senza levarci e lavarci la camicia ed il resto, come si faceva ad
          ammazzarli? Che tormento, che martirio, che ossessione! Per
          avere qualche respiro, ci grattavamo e grattavamo, di notte e
          di giorno, e grattandoci con le unghie lunghe ci graffiavamo e

          facevamo  piaghe.  Per  trenta  giorni  e  quanti  ne  morirono!
          Venivano  tirati  su,  allineati  sul  ponte,  e  scaricati  ogni  sera,
          lungo la sponda del fiume, e seppelliti  Dio sa dove. La morte
          non ci impressionava piu’  eravamo morti alla compassione!

          Nel  porto  di  Odessa  aprirono  le  botole.  Fu  una  sfilata  di
          scheletri, per sbaglio ancora vivi. Salimmo le scalette barcol-
          lando, fummo accolti da un freddo agghiacciante, chiudemmo
          gli occhi, la luce ci bruciava. Quando li riaprimmo  neve, neve

          ovunque.  Tremavamo  come foglie, ci stringevamo per riscal-
          darci, non avevamo la forza di parlare. La gente che passava
          vedeva una massa di spettri.
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