Page 334 - Lezioni di Mitologia;
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                     Fra l'attonite ninfe al sen materno.
                     Che esclama Ciutia   : Dal mio ceto  ,  o donna,
                     Va lungi, e non macchiar     1' onde scerete. —
                     Sapea la maritai colpa di Giove
                     L'alta matrona, e differia la pena,
                     Qual uom che a nuocer luogo e tempo aspetta.
                     Or d'indugio ragion non v'è; fanciullo
                     Arcade è già (dolor di Giuno): è nato
                     Dalla rivale sua  : biechi rivolse
                     Gli occhi, gridando  : Al tuo  fallir mancava
                     Che tu feconda colla prole al mondo
                     La nostra ingiuria e   il disonor di Giove
                     Attestassi  : ma pena avrai. Le forme,
                     Tuo vanto, e a Giove di peccar cagione,
                     10  ti torrò. -— Disse, e pel crin l'afferra,
                     E prona al suol la getta   : invan tendea
                     Le supplicanti braccia: un nero vello
                     La inorridisce, e cresce in ugne adunche
                     La man curva, e dei pie gli    uffici adempie.
                     Per vasta bocca ecco deforme     il volto
                    Lode di Giove:    il favellar  l'è tolto.
                     Onde pietà col suo pregar non mova,
                     E  si disserra dalla roca gola
                    La voce che ha terror, minaccie ed      ire.
                     Orsa è fatta: ma resta in    lei la mente
                    Antica, e attesta con assiduo grido
                    11 suo dolore, e verso   il cielo inalza,
                     Qual sian,  le man; sente ch'ingrato è Giove
                     Se chiamarlo non può. Sola negli antri
                    Ahi quante volte non ardì posarsi,
                    E verso   i  lari errava, e per  li campi
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