Page 255 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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ATENE SOTTO PERICLE.  245
     dere che sen’ occupava lui. Còsi, insensibilmente si, ma incessan-
     temente s’ adoperava a cattivarsi  il popolo. E  il popolo  l’ amò, lo
     stimò, gli dette tutto sé stesso. Sebbene Pericle non fosse mai
     arconte (che allora  s’ eleggevano a sorte) e non avesse che per
     cinque anni  il titolo di stratego (titolo, del resto, che divideva
     con nove colleghi) pure ebbe per quarant’ anni in Atene un po-
     tere che mai nessun altro:  «  il governo (dice Tucidide)' appa-
     rentemente era democratico, ma in realtà era  il dominio d’ un
     solo. »
       Per  farsi un’ idea chiara del governo di Pericle, bisogna
     stabilire fin d’ ora, che a due fini specialmente tendeva  all’ uno
                            ;
     o all’ altro dei quali  si  po.ssono riferire  tutti gli atti della sua
     vita  politica., Io A consolidare nella pacò la già acquistata po-
     tenza d’ Atene, e impedire che  le cupide mire dei cittadini si
     portassero fuori della Grecia  ; 2» A rendere splendida la città, e
     gli Ateniesi degni del loro impero; vai a dire, ispirare in loro
     il sentimento della propria grandezza.
       S’ è già visto che  al tempo  di Cimone fu preso tal prov-
     vedimento, riguardo ai rapporti fra Atene e le città confederate,
     che doveva apportare nella confederazione d’ Aristide un muta-
     mento completo. Infatti  , il dispensare tutte  l’ altre città dal te-
     nere armato quel contingento che per  le convenzioni originarie
     avrebbero dovuto somministrare, e  il riceverne invece navi e
     danaro, non era egli un concentrare in Atene tutte le forze della
     lega? Non era un rendere Atene militarmente orgogliosa e vali-
     damente ambiziosa? Cosi mentre gli alleati, esenti dal servizio
     militare, attendevano  alle loro  industrie e  ai loro  traffici,  le
     navi ateniesi vogavano altere sui mari, e qua o là portavano la
     vittoriosa bandiera. L’ era certo doventata una lega di solo nome:
     e come tale, pareva oramai cosa inutile, e gli alleati avrebbero
     quindi desideralo d’ esonerarsi da tutti  i carichi che ne conse-
     guivano. Ma guai a chi minacciasse tentarlo! Atene, dal canto
     suo, minacciava, per lo meno, di ritirar dal mare le flotte: per
    cui le navi fenicie sarebbero sbucate subito dai loro porti a far
    .guerra all’ isole greche. La loro contribuzione pecuniaria, fissata
    da Aristide in 460 talenti , al tempo di Pericle era già di secento.
    Non pare però che  l’ aumento di 140 talenti  si fosse ottenuto
    con mezzi ingiusti. Si deve piuttosto attribuire, in parte  all’ ac-
       * II, 65.
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