Page 564 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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554     LEZIONE TRENTAQUATTRE8IMA.
        nei vizi da’ suoi rompagni, dall’altra era di tanto in tanto chia-
        mato a vita migliore da Dione suo  zio,  il quale aveva anche
        saputo infondergli  il desiderio di richiamare a Siracusa 'Platone
       e ascoltarne  i consigli. Ma poco stette, che nel tiranno  il male
       predominò al bene. Infastidito dell’ elevatezza d’ animo di Dione
       e  insospettito eh’ e’ sarebbe capace  di rovesciarlo 4al potere,
        formò r intenzione di farlo arrostare e mettere a morte. Dione
       sen’ accorge, giura di  farsi liberatore della sua patria, e fugge
       a Corinto. In questa città riunisce tutti gli esuli siciliani, arrola
       dei mercenari, prepara dell’ armi, allestisce due navi da tra-
       sporto; 0 imbarcate  lo truppe, salpa, nel 357, alla volta della
        Sicilia. Sbarca a Minoa, porto della costa meridionale dell’isola.
        In poco tempo s’accrescono notevolmente le sue forze, accor-
       rendo a lui tutti  i malcontenti del governo di Dionigi  : si dirige
       con quelle a Siracusa, e  ci entra trionfante.  Il tiranno allora
       n’era lontano.  I suoi ufRziali difesero bravamente, per qualche
       tempo, la cittadella, ma doverono poi cedere anche loro; e Dio-
       nigi si ritirò a Locri con tutte le sue ricchezze. Prima di par-
       tire però aveva avuto la destrezza di spargere dei semi di di-
       scordia fra  i suoi avversari.  11 demagogo Eraclito propose una
       legge agraria; Dione ci s’oppose: quindi, fra per questo e per-
       chè  s’ era alienato  il popolo colla sua troppa austerità , a colla
       propensione che mostrava pei ricchi  ,  i Siracusani  1’ esiliarono.
       Se ne pentirono quasi subito, e Io richiamarono ma peri poco
                            ;
       dopo, nel 354, assassinato da Callippo che  si procacciò, con
       queir assassinio  la suprema autorità. Ma  1’ anno seguente fu
              ,
       cacciato e surrogato  nella signoria da Ipparino; e così, per
       queste rivoluzioni che s’avvicendavano, potò Dionigi ritornare
       a Siracusa nel 346. Fu per poco però. Abbandonandosi ad alti
       di vendetta e di crudeltà, inaspri tanto gli animi dei cittadini,
       che implorarono  il soccorso d’Iceta, tiranno di Leonzio. Invi-
       tarono  al tempo stesso  i Cartaginesi  ; e questi non tardarono
       punto, credendo venuto  il momento d’impadronirsi, una volta,
       di quell’ infelice città.
         La si trovava quindi occupata da tre diversi padroni: Iccta
       teneva la città; Dionigi, la cittadella dove s’era rinchiuso  fin
       dallo scoppio di quei movimenti; e  i Cartaginesi,  il porto. Ma
       ecco da Corinto un novo liberatore. Era Timoleone, anima ener-
       gica, cosi appassionata della libertà che non aveva esitato a sa-
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