Page 559 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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       SOTTOMISSIONE DELLE COLONIE GRECHE 'M ROMANI.  549
     leggi. Aveva stabilito che nessuno, sotto pena di morte,  si pre-
     sentasse armato sulla pubblica pia7.za, affinchè  le deliberazioni
     popolari fossero affatto indipendenti da qualunque violenza. Ora,
     un giorno che tornava da una spedizione militare, sentendo che
     il poj'olo tumultuava, accorse in piazza per sedarlo, senza pen-
     sare che si trovava armato. « Tu violi  la tua legge, » gli gridò
     uno de’ suoi nemici. — « No; » risposo I)iocle,« la confermo; »
                 ‘
     e si ficcò la spada in seno.
       Ma mentre cessavano  i mali interni, s’avanzavano minac-
     ciosi esterni pericoli. Egesta, a cui l’aiuto degli Ateniesi non
     aveva giovato punto, temendo la vendetta di Selinunte e di Si-
     racasa, aveva chiamato  i Cartaginesi. E questi, nel 409, sbar-
     carono al capo Lilibeo, moltitudine immensa condotta da Anni-
     baie figliolo di Giscone. Presero Selinunte, malgrado una resi-
     stenza vigorosa, e fecero atroce strage degli abitanti. Presero poi
     Imera  i di cui abitanti s’ erano, in gran parte, salvati fuggendo
     per mare nella notte precedente; e uccisero quelli che ci trova-
     rono ancora. Si diressero dopo ad Agrigento, una delle più ric-
     che città del mondo, ma non mono molle che ricca. Avendo dun-
     que gli Agrigentini poche forze militari loro proprie, a vevan do-
     vuto far raccolta di mercenari. Annibaie la strinse d’assedio; e
     quantunque fossero venuti ad aiutarla  i Siracusani che riportarono
     una bella vittoria sopra un corpo dell’armata assediante, quan-
     tunque entrasse in questa la peste di cui mori Annibaie stesso
     pure gli Agrigentini doverono cedere e rifugiarsi a Gela e a Si-
     racusa. La città fu distrutta dalle fondamenta.  I vincitori spedi-
     rono a Cartagine dei preziosissimi capi d’arte, e teschi e pelli
     d’ uccisi perchè servissero d’ ornamento ai templi.
       Pensi ognuno se questi trionfi dei Cartaginesi i quali le si av-
     vicinavano sempre, spaventarono Siracusa. Ci fu chi trasse pro-
     fitto da quello spavento. Dionigi, uomo di bassa estrazione ma
     pieno di valore e d’ambizione, si messe alla testa del parlilo dei  ’
     malcontenti, che non manca mai in simili circostanze, e accusò
     i generali di tradimento e  i magistrati d’ incapacità. Non potendo
     provar l’accusa, fu condannato a una multa come calunniatore.
     Dionigi non era in grado di pagarla: per cui perdeva  il diritto
                                 '
     d’arringare, in seguito, al popolo. Venne in suo aiuto Filjsto
                                ,
     che .scrisse poi la storia di Sicilia;  il quale, non solo pagò del
        <  Diod. XII, 19; XIII  , 33.
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