Page 563 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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SOTTOMISSIONE DELLE COLONIE GRECHE AI ROMANI. 553
gettò alcune altre città dell’ Italia meridionale, fondò delle co-
lonie sulle coste dell’ Adriatico, spedi le sue navi a fare uno
sbarco in Etruria, e andò lui stesso a saccheggiare il tempio
d’Agilla di dove riportò 1000 talenti in danaro e altri 500 in
prigionieri e spoglie.
Nel 383 entrò per la terza volta in guerra coi Cartaginesi.
Riportò prima una vittoria considerevole; poi ricevè, alla sua
volta, una sconfitta. Fu dunque conclusa la pace stabilendo che
il fiume Alice segnerebbe il confine fra i due stati.
Nel 368 scoppiò la quarta guerra fra Siracusa e Cartagine:
e durò pochi mesi, essendo morto Dionigi in quello stesso anno.
Secondo alcuni fu avvelenato dal suo figliolo, secondo altri
mori d’indigestione, dopo un gran banchetto eh’ e’ dette per
festeggiare un trionfo drammatico che aveva riportato ad Atene.
Dionigi infatti aveva la mania dei versi ; e pretendeva tanto alla
gloria di poeta, che puniva tutti quelli de’ suoi cortigiani che
non lo reputavano tale. Un giorno, e’ lesse dei versi a Filosseno;
e perchè questo gli trovò mediocri, lo fece chiudere nelle lato-
mie. Nel 399 aveva invitato presso di sè Platone: poi i consigli
del filosofo gli dispiacquero, e lo fece vendere come schiavo.
Anche alle corone olimpiche aveva ambilo; ma i suoi carri
s’ erano spezzati nello stadio e avevàn destalo le risa dei Greci
raccolti a quei giochi, come le sue tragedie avevano, per l’ in-
nanzi , destato quelle degli Ateniesi. Che se questi poi, nel 368,
gli decretarono il premio, il mutamento del loro gusto lette-
rario si devo probabilmente attribuire a delle ragioni politiche.
Dionigi fu un tiranno molto crudele, a volte, ma pieno di
capacità e d’ energia. Era però altrettanto cupo e sospettoso nella
sua vita privala. Sotto le sue vesti portava sempre una corazza;
e nessuno, nemmeno il suo fratello o il suo figliolo, poteva an-
dare alla sua presenza senz’ essere prima visitato diligentemente
se avesse armi. Non fidandosi di nessun barbiere, si faceva
bruciar la barba dalle figliole. La sua camera era circondata
da un profondo fossato che s’ attraversava per mezzo d’un ponte
levatoio; e quando parlava al popolo, non lo faceva che dal-
r allo d’ una torre.
Gli successe il suo figliolo Dionigi, natura debole a un
tempo c violenta, uomo di bone intenzioni ma dominato da r
sfrenale dassioni. Quindi, mentre da una parte era strascinato
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