Page 177 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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            lo svelamento e la Legge per un altro aspetto, quindi agisci conforme-
            mente a ciò che si raf orza presso di te in quello, e, quale sia la tua fonte
            (ma  a ), fermati ad essa f nché l’aspetto della verità nella questione di-
            venta chiaro per te: allora sarai uno della Gente dello svelamento e della
            realizzazione ( u ū ).



                  CONTINUAZIONE RIGUARDO ALLA SEZIONE
                         DELLA ROTTURA DEL DIGIUNO
                         DI OBBEDIENZA VOLONTARIA

            [634] Uno di loro [dottori della Legge] ha riferito il consenso sul fatto che
            colui che inizia il digiuno per obbedienza volontaria e poi lo rompe per un
            motivo giustif cato non è tenuto a recuperare. Vi è divergenza se egli lo
            interrompe deliberatamente, senza un motivo valido: c’è chi sostiene che
            sia tenuto al recupero e chi sostiene che non sia tenuto ad esso.
            Continuazione: la trasposizione. Se l’uomo intraprende un’azione
            per  mezzo  della  servitù  di  libera  scelta  (ʿu ū iyyat  al-i tiyā ),  invero
            impone a se stesso la servitù poiché in quella imposizione egli ritorna
            alla sua origine, il cui regime è quello della servitù di costrizione (al-
            i  i ā ),  e  quindi  nella  obbedienza  volontaria  incombe  su  di  lui  ciò
            che gli incombe nell’obbligatorio. Chi considera che il Vero ha fatto
            scegliere questo servitore, sostiene che il regime (ḥukm) del Vero non è
            rimosso da lui in questa azione: ciò conduce a essere in contrasto con
            il Vero perché la libera scelta viene messa al posto della costrizione ed
            egli si comporta con Lui con il comportamento della libera scelta: se


            caratterizzato dall’occuparsi delle necessità del suo servitore […] Se sai questo conosci
            il tuo grado ed il tuo rango ed il signif cato della tua Signoria ( u ū iyya  e su chi sei
            Signore nell’essenza di un servitore [o: pur essendo essenzialmente un servitore]“. Non
            posso però escludere che il signif cato dell’espressione sia un altro, e cioè che l’essenza
            stessa  del  servitore  determini  l’esistenza  di  un  Signore.  Come  ha  precisato  René
            Guénon: “la distinction même de l’Être et du Non-Être est, somme toute, purement
            contingente, puisqu’elle ne peut être faite que du point de vue de la manifestation,
            qui est lui-même essentiellement contingent […] nous devons bien nous rendre compte
            que cette distinction n’existe pas en soi, que c’est nous qui lui donnons son existence
            toute relative” [“     tat  multi l      l  t  ”, pagg. 27 e 37]. E Palingenius nel suo primo
            articolo,      miu   , aveva scritto: «Nous sommes des êtres distincts en tant que nous
            créons nous-mêmes la distinction, qui n’existe que dans la mesure où nous la créons».
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