Page 93 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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92 al-Futūḥāt al-makkiyya
servitore] sta adempiendo (mu a ) [e non recuperando] poiché questo
è il tempo dell’adempimento di ciò che voi chiamate recupero ( ). Se
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è questo che volete dire, allora ciò è accettabile nella Via, ma voi avete
chiamato costui “colui che recupera”. In realtà il tempo presente non ha
alcuna informazione di ciò che è passato né di ciò che verrà: esso si trova
tra due estremi di non esistenza [il passato ed il futuro] e non ha scienza
del passato, né di ciò che è avvenuto in esso, né di ciò che il servitore
ha mancato di fare in esso ( ). Ciò che apporta il tempo presente può
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101 I termini “a ā ” e “ a ā ” hanno in comune il signif cato di esecuzione, compimen-
to e di adempimento di un impegno, ma nel linguaggio giuridico hanno talora assunto
due sensi opposti: il primo termine viene impiegato per indicare l’esecuzione di un ob-
bligo rituale al momento prescritto, mentre il secondo viene impiegato da alcuni dottori
della Legge per indicare l’esecuzione di un obbligo rituale in un momento diverso da
quello prescritto, se si è omesso o non si è potuto adempierlo nei tempi previsti, assu-
mendo quindi il senso di “recupero”. Ibn ʿArabī, pur riconoscendo la distinzione dei
due termini ed applicandola in certe situazioni, non condivide il signif cato estensivo
di “recupero” attribuito da alcuni dottori della Legge al secondo termine. Il tema era
stato già da lui af rontato nel Cap. 69 nella sezione sul “recupero” della alāt [I 477.28]
ove aveva precisato: “Ciò che io sostengo è che colui che si dimentica e colui che dorme
sono tenuti a fare (a ā ) la alāt che non hanno fatto perché dormivano o si sono dimen-
ticati [e non a recuperarla]. Se i dottori della Legge intendono per “ a ā ” l’obbligo
della alāt – così come intendono il suo adempimento (a ā ) [nel tempo noto] – sostengo
anch’io quanto dicono. Se con ciò intendono distinguere tra chi la fa al momento noto,
prescritto per chi è sveglio, ed il farla nel momento in cui chi si è dimenticato ricorda e
chi dorme si risveglia, chiamando ciò “ a ā “ non c’è inconveniente. Ma se intendono
con questo termine qualcosa di diverso da ciò che abbiamo menzionato e che colui che
la fa non sta adempiendo (a ā ) alla alāt e che la sta facendo in un momento diverso
da quello dovuto, diversamente da ciò che abbiamo menzionato, non sono d’accordo.
Colui che si dimentica e colui che dorme non sono tenuti a quella alāt nello stato della
loro dimenticanza e del loro sonno, e quello non è il momento prescritto per loro, in
quanto Allah “non impone ad un’anima se non ciò di cui è capace” (Cor. II-286). Se il
Legislatore non avesse imposto un momento a colui che dimentica ed a colui che dor-
me, coincidente con il ricordo ed il risveglio, quella alāt decadrebbe per loro”. Per Ibn
ʿArabī la alāt fatta al risveglio non è il “recupero” di quella non fatta durante il tempo
del sonno, ma l’osservanza di un obbligo che diventa imperativo solo al momento del
risveglio: solo nel caso si ritardi volontariamente l’adempimento dell’obbligo il termine
“ a ā “ assume il signif cato di recupero.
102 Nel “ a i t a iti ll t la i it ” lo Šayḫ at-Tādilī scriveva: «Le temps est
une épée, si on ne le coupe par la Vérité (al-ḥa ), il coupe par le faux (al- ā il) ! Tous les
temps sont mis en gage pour leur raison d’être.Car les temps sont au nombre de trois:
«Le passé, et c’est ce que tu as vécu; le présent, et c’est ce que tu occupes par ce qu’il te
réclame; et l’avenir: il t’est caché, ne t’en occupe donc pas !». Celui qui s’absorbe dans le
passé et l’avenir perd le temps dont on lui demandera compte, le présent, qui ne se rem-
place pas. Si tu veux accomplir plus tard ce qui a péri pour toi alors, le moment que tu