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TRIONFATORE
Tito in trionfo a Roma, dopo
aver distrutto Gerusalemme,
in un dipinto di Lawrence
Alma-Tadema (1836-1912).
Alle sue spalle la Menorah
(il candelabro) del Tempio
incendiato.
Apollinaris, al proprio figlio Tito, raccolse 60mila ef-
fettivi e si pose l’obiettivo di riportare sotto il con-
trollo di Roma l’intera Giudea, prima di affrontare
le imponenti difese della capitale. Come prima mos-
sa sfilò in forze per la Galilea, sperando che lo spetta-
colo delle legioni in parata bastasse a convincere i ri-
belli alla sottomissione senza combattere. Il suo au-
spicio si rivelò vano fin dalla prima sfida, il baluar-
do di Iotapata; i difensori costrinsero i Romani a 47
giorni di assedio. Come da copione, una volta pre-
sa la città i legionari massacrarono 40mila abitanti,
catturando come schiavi 1.200 tra donne e bambi-
ni. I Romani avevano sconfitto un esercito ebraico
di 12mila uomini inseguendolo oltre la prima cin-
ta muraria; quando i cittadini sbarrarono la secon-
da cinta, i guerrieri ebrei, intrappolati, caddero fi-
no all’ultimo uomo. Seguì la conquista dell’abita-
to, dopo sei ore di combattimenti strada per strada.
Vennero trucidate anche tutte le donne, colpevoli
di aver scagliato addosso ai Romani le tegole dei tet-
ti. Solo i bambini sopravvissero, ma furono ridot-
ti in schiavitù.
Capolavoro di crudeltà. Questi attacchi spie-
tati avevano lo scopo di rendere più facile espugna-
re le successive roccaforti, fino ad assediare Gerusa-
lemme. La morte di Nerone, nel 69, distrasse Vespa-
siano. Il generale tornò a Roma, dove vinse la lotta
di potere per la successione. Così, la repressione in
Giudea passò al figlio Tito: sarebbe stata la sua più
grande impresa e uno degli episodi più cruenti del-
la storia romana.
Tito arrivò davanti alla città subito dopo la Pa-
squa ebraica, che aveva fatto conflui re entro le mu-
ra una folla immensa per i tempi. Secondo Taci-
to, 600mila persone. Con il trascorrere dei mesi, il
blocco imposto agli assedianti impose delle condi-
zioni di vita tremende agli assediati, ridotti a cibar-
si dello sterco trovato nelle fogne. I loro cadaveri in-
gombravano le strade, senza che nessuno si curasse
di seppellirli; quando una casa era chiusa, per i capi
zeloti era segno che qualcuno stava mangiando: or-
dinavano pertanto un’irruzione, durante la quale si
arrivava a sfilare il cibo dalla bocca dei commensali.
C’era chi inghiottiva le proprie monete d’oro e chi
si vedeva infilare ceci nel pene per un tozzo di pane
GETTY IMAGES che aveva nascosto.
I Romani, da parte loro, non trascurarono nul-
la, durante e dopo l’assedio: il cronista Giuseppe
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