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RASO AL SUOLO to (Tunisia). Poco più tardi, introdotto alla corte dea e prese varie città, ricambiando con gli interes-
Modello del dei Giulio-Claudi, collezionò una gaffe dopo l’altra: si la ferocia degli Zeloti, senza fare troppi distinguo
Secondo Tempio mentre Nerone declamava i suoi noiosissimi versi da- fra ribelli e civili. Un paio di anni dopo Gerusalem-
di Gerusalemme
(ricostruzione del vanti a una claque compiacente, Vespasiano dormi- me era accerchiata.
Tempio di Salomone) va senza ritegno. “Perciò cadde totalmente in disgra- La tradizione ebraica ricorda quella spedizione co-
nel 20 circa: zia”, riferisce Svetonio. me un incubo, superato solo dalle stragi dei crociati e
cinquant’anni dopo fu In armi. Molto più che come politico, il parvenu dei nazisti. Proverbiale è rimasta la conquista di Giaf-
distrutto dal figlio di
Vespasiano, Tito. di Phalacrinae ebbe fortuna come militare. Ai tempi fa, di cui Giuseppe Flavio parla così: “Caduti i com-
dell’imperatore Claudio (41-54) combatté in Ger- battenti, tutti gli altri furono trucidati all’aperto o nel-
mania e poi in Britannia, dove il 33enne Vespasia- le case, giovani e vecchi senza distinzione; nessun ma-
no conquistò 20 città più Vectis, l’attuale Wight, nel schio fu risparmiato salvo i bambini, ridotti in schia-
canale della Manica: la stessa isola che 19 secoli do- vitù con le madri”. Fu allora che gli ebrei superstiti
po, all’epoca degli hippies, divenne la sede di leggen- cominciarono a migrare dalla Palestina, disperden-
dari raduni rock. dosi nel mondo e dando vita alla cosiddetta diaspora.
Nell’immediato il futuro imperatore non ricavò Riscatto. A fine campagna (70 d.C.) Gerusalem-
granché dai suoi successi: l’onore del trionfo sui Bri- me cadde, il Tempio di Salomone fu distrutto e il suo
tanni andò a Claudio, giunto in zona a operazioni mitico tesoro finì a Roma per essere poi esposto nel
quasi concluse. La fama di buon soldato guadagnata sedicente Tempio della Pace. Ma quell’epilogo eb-
oltre Manica gli tornò però utile un quarto di secolo be come protagonista solo Tito, perché già dall’an-
dopo, quando regnava Nerone e Roma era invischia- no prima Vespasiano era tornato in Italia a riscuote-
ta in una grana: il Vicino Oriente, infiammato dalla re il trionfo: morto Nerone, infatti, le sue truppe l’a-
setta ebraica degli Zeloti, era in rivolta. vevano acclamato imperatore, in antitesi a Vitellio.
Nel caso di Vespasiano, la vita cominciò davve- Inizialmente restìo, aveva accettato dopo aver saputo
ro a 60 anni: “Nerone”, narra Giuseppe Flavio, sto- che il rivale aveva ucciso suo fratello. Iniziò così l’ulti-
rico ebreo romanizzato, “lo invitò ad assumere il co- mo decennio di quell’“imperatore per caso”, che nel-
mando delle forze in Siria dopo molti complimenti e at- la terza età riscattò con grande senso dello Stato gli
testazioni di stima, dettati dalla necessità di quel mo- anni precedenti, intrisi di rudezza provinciale e cri-
mento critico”. mini di guerra.
In Giudea. Nerone prendeva due piccioni con Monarchia. Oltre a realizzare opere pubbliche e
una fava: liberava la corte da un corpo estraneo risanare l’erario, il primo dei Flavi fu mecenate di ar-
imbarazzante e affidava il Vicino Oriente a un casti- tisti, poeti e insegnanti (ai quali assegnò una pensio-
gamatti di provata capacità. L’incarico era invece ad ne). Ma più di tutto, a caratterizzare il suo regno fu
alto rischio per chi lo riceveva: i rivoltosi avevano già una legge detta De Imperio Vespasiani: una sorta di
massacrato la guarnigione di Gerusalemme, rispar- Costituzione, incisa su due tavole di bronzo colloca-
miandone il comandante solo a patto che si facesse te in Campidoglio. Cosa c’era scritto?
circoncidere. Vespasiano, giunto alla fine della car- «In dettaglio non si sa», risponde Filippo Coarel-
riera militare, non aveva molto da perdere: così par- li. «O meglio, si sa solo a metà, perché una tavola si è
tì con suo figlio Tito, cinque legioni e una miriade salvata ma l’altra no. Possiamo comunque dire che il
di muli del natìo Appennino; invase Galilea e Giu- De Imperio fissava i poteri dei vari organi dello Stato».
Durante la precedente dinastia Giulio-Claudia, Ro-
E io metto una tassa sulla pipì ma si era basata sulla finzione che la repubblica fosse
ancora viva e che l’imperatore fosse solo un magistra-
to straordinario, il “principe” di un Senato che resta-
« u un ottimo amministra- ai gabinetti pubblici. Spiegazione: va formalmente detentore del potere. Da Vespasia-
all’epoca i fullones erano soliti
tore, disposto a cavare
Fdenaro anche dalle pietre raccogliere gratis l’urina dalle no in poi non fu più così. Infatti, messa da parte ogni
pur di salvare l’impero dalla crisi latrine per ricavarne ammoniaca. ipocrisia, col De Imperio Roma diventò ufficialmen-
economica». Il lusinghiero giudizio Ma Vespasiano decise che quella te una monarchia ereditaria.
su Vespasiano è dello storico “merce” andava pagata. “A me succederanno i miei figli, o nessuno”, amava ri-
Filippo Coarelli, studioso dell’età Non olet. Si narra che, criticato petere Vespasiano. E fu così: dopo di lui andò al po-
dei Flavi. Ma più che dalle pietre, da Tito per quella tassa, mostrò tere Tito, poi l’altro figlio Domiziano. Non era so-
l’imperatore ricavò soldi da altre al figlio i soldi ricavati e glieli fece lo un mutamento dinastico: «L’avvento al potere dei
due fonti: gli ebrei e i fullones annusare, commentando con una Flavi comportò la sostituzione dell’aristocrazia se-
(tintori-lavandai). Ai primi, dopo celebre frase: “Pecunia non olet” (“Il
la caduta di Gerusalemme, fu denaro non puzza”). In sua memo- natoria con esponenti di élites italiche esterne a Ro-
imposto il fiscus iudaicus, una tassa ria, dall’800 e fino a pochi decenni ma», osserva Bottini. Soltanto con il nono impera-
sul culto. Sui secondi gravò invece fa, i gabinetti pubblici furono detti tore, dunque, era nato davvero l’impero. •
una singolare “pipì-tax”, applicata “vespasiani”. Nino Gorio
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